di GIUSEPPE LO RUSSO
A scuola insegnavano che la tradizione è fatta da autori originali, rivoluzionari, “che chiudono un secolo e ne aprono un altro”. Oggi, invece, i cuochi si compiacciono d’essere salutati come autori e maestri mentre sono solo moderni imitatori dei moderni.

 

Modernum, da modu(m): ora, in questo momento, ossia introdotto o cominciato da poco, tipico dell’epoca attuale o di un periodo recente; dunque tutto ciò che viene riconosciuto attuale, ma anche alla moda, che appartiene, appunto, alla maniera del nostro tempo o ne esprime i gusti. Questa la definizione come da dizionario. Naturalmente, come recita un aforisma di Oscar Wilde, è fatale che non ci sia niente che invecchi così presto come il moderno!
Ora, chiediamoci: come si riconosce e giudica moderno l’operato di un cuoco, moderna una cucina, moderno un piatto?
L’inganno in cui incorrono la maggior parte dei cosiddetti critici enogastronomici nel giudicare il moderno, sta nell’assumere come prototipo a cui fare riferimento per esprimere il proprio giudizio, quello che loro hanno – ma più spesso la generalità della categoria dei gourmets – riconosciuto come capolavoro, opera d’arte del genere. Questo comporta che il moderno venga frequentemente scambiato e premiato come creativo in virtù della sua vicinanza, ossia in riferimento al capolavoro, come una sua replica, una riproduzione che gli rassomigli, invece di essere giudicato per quello che esprime secondo la sua propria natura, conformemente cioè a come questa singolarmente si manifesta.
È chiaro come questo dipenda sempre dalla competenza individuale del critico e dall’idea di originalità che l’opinione comune, corrente, assegna ad una cucina, ad un piatto, e infine ad un cuoco, promuovendolo ad autore o maestro. In una parola generalizzata dai media: da cuoco a chef, a Masterchef!
Domanda: un cuoco che rifaccia alla maniera della sua epoca, e alla sua maniera, una spuma inaugurata da Ferran Adrià, apra una pasta ripiena alla Marchesi o riprenda forme giapponesi o scandinave nel comporre e organizzare un piatto, è moderno o creativo? Posso dirlo un autore? Può definirsi uno chef? Dipende.
Di certo, guardando al contemporaneo, il moderno, per definizione, non va oltre la moda dell’oggi, laddove il creativo, quello che consideriamo un autore, è invece colui che riesce con la sua opera ad imporre un nuovo gusto in base al quale chiede di essere giudicato. Ricordate quanto abbiamo appreso a scuola dalle storia della letteratura? Dove abbiamo studiato che la tradizione è fatta da autori originali, rivoluzionari, di quelli, si diceva, che chiudono un secolo e ne aprono un altro? A seguire, in un lungo elenco e in caratteri minori, venivano gli imitatori, gli epigoni dei grandi: i marinisti riconosciuti imitatori del Marino, i manzoniani del Manzoni e così via. Ma sono poi i Marino, i Manzoni a fare la “tradizione” della letteratura italiana, non i loro epigoni e imitatori. Non diversamente accade per i nostri cuochi, che oggi, pur che appaiano in televisione, si compiacciono d’essere salutati tutti come autori e maestri di cucina e altro non sono che epigoni, ossia imitatori o, per ripeterci: moderni imitatori dei moderni, appunto.