di GIUSEPPE LO RUSSO
Dalla montagna al mare: viaggio a volo d’uccello tra il teramano e l’aquilano, fuori dai percorsi del turismo di massa, tra massime di Milan Kundera, sprazzi di “godere agricolo” e una domanda finale.
C’è un “legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità ed oblio”, scrive Milan Kundera nel suo libro La lentezza. Un’equazione elementare di matematica esistenziale, dove “il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio”. Un’equazione, aggiungiamo, che non è poi così difficile da dimostrare quando ci capita di essere costretti a conoscere più luoghi e persone in tempi molto stretti.
Con questa premessa è impossibile non lasciare una memoria e non essere riconoscenti per un tour in Abruzzo per conoscere il teramano e l’aquilano fuori dai percorsi del turismo di massa.
L’Abruzzo, ricordato come terra di transumanza e di briganti, offre al viaggiatore consapevole la conoscenza di una miriade di piccoli centri, isolati e circondati da spettacolari paesaggi montani. Una regione non chiusa, come si pensa, ma da sempre aperta ai commerci con le maggiori città della penisola, la Toscana, la Romagna e il Veneto.
A dare il benvenuto è Claudio Ventura, gestore nella campagna di Campli di un agriturismo con cucina. Ortaggi e salumi sono prodotti in azienda nel rispetto della terra nella sua biodiversità, vento e insetti compresi. E l’impresa ha un nome, “Godere agricolo”, che, come dice lui, esprime il “godere della gioia di stare in campagna”. Qui avviene il primo incontro con la cucina della tradizione locale, accompagnata dai racconti della povertà, della fame e dell’amore, cantati dalla brava Alessandra, figlia del proprietario.
La seconda tappa è Pietracamela, un paesino di 205 abitanti e mille metri d’altitudine alle falde settentrionali del Gran Sasso. Nell’etimo del nome c’è la roccia che sovrasta il paese come un monumento.
Nuova tappa ad Azzinano di Tossicia, un piccolo borgo di sole cento anime, ma con ben 57 murales che celebrano i giochi di una volta: un’iniziativa inaugurata con successo nel 2001. A seguire, un doveroso assaggio di arrosticini e formaggio fritto che precedono la visita all’Abbazia S. Giovanni ad Insulam, presso Isola del Gran Sasso, e poi un’esperienza-natura offerta da Silvia Pace e Osvaldo Mancini, guide escursionistiche ambientali, che organizzano tour con e-bike o a piedi lungo i sentieri di montagna.
La sera si scende ad Alba Adriatica, dove a Il Palmizio, di Valerio e Ylena Di Mattia, ci viene offerta una ricca antologia di piatti della tradizione marinara.
Abbandoniamo il teramano per l’Aquila, dove fu incoronato papa ed è sepolto Celestino V, proprio lui, come ricorda Dante nell’Inferno, che fece “per viltade in gran rifiuto”.
Il tempo di visitare la città e i suoi luoghi caratteristici, come la Fontana dalle 99 teste scolpite, di assaggiare lo zafferano esportato già nel Quattrocento in tutta Italia e oltre, e siamo al MuNDA, ossia il Museo nazionale d’Abruzzo, ospitato ancora negli antichi macelli in attesa della ricostruzione, dopo il terremoto del 2009, della sua sede originaria nel castello spagnolo.
Dopo L’Aquila ci caliamo nelle Grotte di Stiffe, una frazione di 25 abitanti del comune di San Demetrio ne’ Vestini. Un cammino di 700 m. in una grotta attiva, vale a dire in continua trasformazione, da 600.000 anni, attraversata da un corso d’acqua impetuoso di cui ancora si studia l’origine. Qui, nel 2023, hanno organizzato una degustazione di vino, “Calici in grotta”, disponendo 4 postazioni con 30 cantine. Allo studio c’è ora un progetto di affinamento del vino, sempre in grotta. Nella campagna di San Demetrio, altra esperienza alla macelleria dei Fratelli Rovo, che mettono a disposizione dei clienti brace e ferri per una bella grigliata.
La giornata si conclude a cena allo storico ristorante “Allo Scalco” dell’Aquila. Qui ci attende la prova finale, quella più impegnativa, della “panarda”, termine dall’etimo incerto fra pane e lardo, o dall’arabo har o haric: caldo o fuoco.
In breve, un pasto che per tradizione i ricchi padroni terrieri offrivano ai lavoranti a fine stagione e che prevedeva dalle venti alle cinquanta portate e oltre! A noi ne sono toccate soltanto venti, dal pane di Montepulciano e noci con burro all’aringa affumicata, passando per vellutata di ceci con gel di cipolla rossa, e finire con il dolce di latte alla cannella e sottofondo musicale con i ritmi del Saltarello, tipico ballo popolare.
Tutto ciò nonostante, siamo qui a raccontarla!
A commento ultimo ci veniva da fare una riflessione. Pensavamo al termine terroir che, rubando a quel bignamino del web, Wikipedia, è definito “insieme di fattori naturali e umani che influenzano la produzione di un vino in un determinato territorio”, intendendo clima, terreno e cultura del luogo.
Bene, sarebbe così stravagante se provassimo ad usarlo anche per un turismo rispettoso della cultura dei luoghi e dei suoi abitanti? Una domanda che giriamo anche a Abruzzo Travelling e alla Camera di Commercio del Gran Sasso, che hanno organizzato per noi questa Abruzzo Food Experience.
Meditiamo gente, meditiamo.