Da piu’ parti mi invitano, credendomi ingenuamente e un po’ puerilmente bellicoso, a sotterrare l’ascia di guerra e a lasciar correre sulle tante cose che non mi garbano. A prendere atto delle “novita’” e di cio’ che di brutto, pure, portano i “tempi che cambiano”.
Ma io non lo faccio.
Non per ottusa cocciutaggine, tuttavia, ma perche’ accettare cio’ che non condividi e’ ben piu’ di una banale acquiescenza. E’ spesso la presa d’atto che il tuo tempo e’ passato e quindi equivale a chiamarsi fuori dai tempi che vivi.
Quindi, paradossalmente, piu’ ti opponi e piu’ vuol dire che ci sei.
Quando smetti, significa invece che dal centro ti autoreleghi sullo sfondo.
Si’, e’ un momento che arriva per tutti, ma deve derivare dalle circostanze, non da una scelta. Altrimenti si chiama resa.