Più si va avanti e più il bordello elettronico in cui ci hanno spinto si rivela sinuoso e democratico, nel senso che è una fregatura proprio per tutti, senza distinzioni tipologiche.

L’ultima l’ho appresa adesso e mi è stata presentata – figuriamoci – come uno spiraglio nelle tenebre fiscali nelle quali ormai da settimane stiamo brancolando: ci sono alcune software house specializzate in gestionali che mettono gratuitamente a disposizione delle app per fatturare elettronicamente con una certa facilità: scarichi il programmino e zac!, sei a posto.

Eureka?

Eureka un tubo.

A parte il sospetto, anzi più di un sospetto, che si tratti dell’anticamera per l’acquisto di un software della casa medesima quando, dopo che ti sarai impratichito con l’app, la stessa casa revocherà la gratuità e tu dovrai pagare il servizio (del resto come dargli torto? Nessuno fa nulla per nulla), si scopre infatti che tali app si possono comunque scaricare solo su un computer e, quindi, utilizzare solo da quello. Come tornare indietro di trent’anni, quando il pc era fisso, uno solo, sempre quello e stava in ufficio. Praticamente è l’antitesi della digitalità moderna e delle sue presunte conquiste, quella che come massimo progresso ostenta mobilità, portatilità, cellularità, flessibilità.

In altre parole, chi è che oggi gestisce la propria attività da un computer solo e solo da quello? Uno su trecento? Su quattrocento? Chi (pensiamo ad esempio all’home banking e alle abitudini e esigenze che ne derivano), non ha necessità o una vita organizzata in modo tale da dover operare ogni tanto o spesso da postazioni diverse dall’abituale, magari pubbliche, o altrui, o dal telefonino, o dal desktop?

Tutti traguardi ovvi, spacciati fino a ieri per antidoti contro il logorio della vita moderna, come avrebbe detto il compianto Calindri, e che di colpo vengono azzerati dall’integrazione forzata del software fatturatorio con la specifica macchina di cui esso è appendice. E’ come tornare al feudalesimo: il servo della gleba fiscale è pertinenza del feudo digitale, fa parte di esso, per sempre.

Ma mica è finita qui.

Siccome il sistema serve, raccontano, a semplificare, rendere tutto facile, tracciabile, lineare, c’è un’altra fregatura: la app non vale solo per un computer, ma anche per una sola partita iva.

Supponiamo quindi che anche vostra moglie ne abbia a sua volta una, o che abbiate due attività: in tal caso non solo dovrete e potrete gestire le fatture unicamente dal medesimo pc su cui avete scaricato l’app, ma dovreste avere tanti computer quante sono le partite iva di cui in famiglia siete titolari, altrimenti le fatture elettroniche ve le sognate di notte, perchè c’è l’ingessatura rigida tra una app – un computer- una partita iva.

In estrema sintesi: a quasi tre settimane dall’obbligo della fatturazione digitale, io non ho ancora emesso un documento e non ho più pallida idea di come fare.

L’unica consolazione è che so di non essere solo. Anzi…