Presentata oggi, la nuova edizione della celeberrima guida gastronomica cade nel clamoroso infortunio di recensire uno chef mancato quattro mesi fa. Ecco il settimo dei motivi per i quali non la commenterò. Gli altri leggeteli sotto.
Non commenterò pubblicamente la guida Michelin, presentata oggi e, come sempre, attesissima dagli addetti ai lavori. I motivi della mia astensione sono tanti e non so metterli in ordine gerarchico.
Mi limiterò ad elencarli.
Primo: poichè sono un giornalista e le guide gastronomiche contribuisco a scriverle, mi parrebbe di agire in conflitto d’interessi se criticassi o recensissi quelle degli altri.
Secondo: la Michelin la commentano già tutti e del mio commento non c’è, nè sento, alcun bisogno.
Terzo: spesso i commenti sono scopiazzature di altri commenti.
Quarto: lo trovo un esercizio di una noia e di una ripetitività mortali.
Quinto: a mio parere le guide sono come le sentenze, si applicano (cioè si provano) e non si commentano.
Sesto: il bello consiste casomai nel confrontare le guide tra loro, non entomologizzarle una per una.
Detto questo, non posso esimermi però da una sottolineatura su un punto di cui, stavolta giustamente, tutti parlano.
Si tratta di una topica nella quale i severi critici della “rossa” sono caduti: hanno inserito in guida il ristorante di uno chef mancato lo scorso agosto. Era Mattias Peri, dello Chalet Mattias di Livigno. Un amico, della cui scomparsa detti conto qui su Alta Fedeltà.
Dello scivolone si è accorto per primo Paolo Marchi di Identità Golose (qui) e la cosa sta facendo il giro della rete.
Ecco, questo è il settimo motivo per il quale non commenterò i risultati della Michelin 2016: perchè non potrei mancare di parlare del caso Mattias.
Quindi meglio finirla qui.
Povero Mattias.