Sono perfettamente consapevole che questo post solleverà un certo e anche giustificato baccano, ma il sasso nello stagno della banalità ipocrita qualcuno deve pure tirarlo e il caldo non aiuta la mia già scarsa pazienza.
Leggo che a Gallarate ogni 75 giorni muore un ciclista. Pazzesco.
Metto le mani avanti e, da automobilista, ammetto per primo di tendere a considerare la strada cosa “mia”. Da qui una certa insofferenza quando la trovo occupata da altri che mi intralciano il passo. Il che ovviamente non significa che ho ragione, né che ho diritto di farmi giustizia da solo.
Tanto premesso, nemmeno i ciclisti però hanno ragione a prescindere. Anzi. E i punti da discutere, oltre alla conta dei morti, sono tanti, se si pensa a feriti, incidenti, pericoli scampati e pendenti, spaventi, contrattempi legati alla circolazione a due ruote.
Proviamo allora a dire le cose onestamente.
Primo: che le strade moderne siano state pensate, progettate e costruite per i mezzi motorizzati non ci piove. Sarà ingiusto forse, ma è così. Ovvio che chi guida ci si trovi meglio di chi pedala.
Secondo: anche questo sarà sbagliato, ma le auto sono mille volte più numerose delle biciclette e, piaccia o meno (a me no, tanto per chiarire), sono parte dell’esistenza contemporanea. E’ un dato di fatto che non va ignorato. Il mondo di oggi è automobilistico.
Terzo: tranne rare eccezioni, oggi l’auto è uno strumento di lavoro mentre la bici lo è di svago. Con tutto il rispetto, mi pare ci sia ancora una bella differenza. Per carità, il disegno di un mondo che si muove a pedali è bellissimo, salubre e civilissimo, ma ancora parecchio lontano da venire. Quindi rispetto pure per chi l’auto deve usarla, magari deve farlo sempre, in fretta e non ha alternative.
Quarto: come esistono automobilisti indisciplinati, incapaci e imbecilli, così ne esistono tra i ciclisti. I quali, però, essendo quelli più a rischio, è vero che da un lato vanno tutelati maggiormente, ma dall’altro dovrebbero avere più attenzione a sé e al prossimo, evitando marciapiedi, contromano, doppie e triple file, conversazioni di gruppo stando sul manubrio e tutto ciò che spesso fanno in sella.
Quinto: se il cicloturismo e il ciclismo sportivo stanno diventando o tornando a essere un’attività di massa, si cominci allora a considerarle tali e a regolamentarle di conseguenza. Un gruppetto​ di ciclisti sudati su una stradina di campagna fa simpatia, una fila indiana ininterrotta che ti sbarra il passo per km, con gente che ignora la tua presenza, va a zig zag, sta in mezzo alla carreggiata incurante della tua presenza o magari, spazientita, anzichè accostare ti intima pure di scansarti o di andare piano se vai a lavorare mentre lui si diverte ti fa incazzare.
Sesto: tolleranza zero sì, ma per tutti. Chi è al volante e mette a rischio la vita di chi pedala va stangato, ma va stangato anche chi, con la scusa che usa la bici, mette a rischio se stesso e lo fa come se fosse da solo o avesse diritti, per non dire virtù morali, superiori agli altri.