La recensione di un libro, di un disco, di qualcosa? Spesso l’autore o l’editore non la chiedono, la pretendono. Talvolta la ordinano, addirittura. “Se gratuita”, si capisce. Astenersi professionisti. Leggenda metropolitana? Macchè, mi è appena successo…

La signora non ci va per il sottile e, firmandosi con il solo nome di battesimo, sulla scia di un mio vecchio post (qui) mi lascia sulla pagina dei commenti (nemmeno mi scrive in privato!) un messaggio siffatto: “Salve avrei necessità di ua recensione per il mio romanzo pubblicato su amazon. Se gratuito contattatemi. Grazie xy“.
Testo, punteggiatura e maiuscole sono quelli originali.
Dunque mrs xy avrebbe “necessità” (cioè? Nel senso che ha proprio bisogno? E perchè bisogno? Oppure piacere, magari desiderio? Ma allora perchè dice necessità?) di aver da me recensito (si presume recensito bene o madame accetta anche critiche, per non dire stroncature, eventualità che, visti pure i modi utilizzati per proporsi, mi pare oltremodo probabile?) il suo romanzo (meno male non dice “libro”: ma il tomo avrà almeno un titolo? Di che parla? Di che genere è?) pubblicato addirittura per amazon.
Mi’ cojoni! Per amazon, perfino?
E con una tale opera tra le mani, ha bisogno della mia recensione?
Dubbio: forse milady si riferisce alle sole recensioni su amazon? Sì, quella specie di tripadvisor letterario in cui i più illustri asini e sconosciuti recensiscono (rectius: incensano, oppure distruggono, ma quasi sempre senza il minimo strumento critico per farlo e, spesso, in totale malafede) i libri che comprano, aiutando il venditore a venderne altri o a non venderne più?
Chissà.
Quel che è certo è che già questo basta a dimostrare come vadano le cose sulla democratica “rete”: il primo baggiano senza arte nè parte principia a navigare compulsivamente, smanettando su google alla ricerca nel web di ciò che può essergli utile (nella fattispecie, ovviamente senza il minimo senso dell’autocritica, a promuovere il faticoso sforzo di scrittura). Affastella una trentina di bersagli e, senza neppure prendersi la briga di capire chi, cosa, perchè, manda laconici messaggi seriali di richiesta recensoria.
Chiedi, chiedi, qualcosa uscirà“, dev’essersi detto il novello Kafka equivocando sulla celebre massima di Stalin.
Un momento“, le è però sovvenuto in un sussulto di parsimonia, “e se mi chiedono i soldi?“. Quindi mettiamo le cose in chiaro e diciamo subito: “Non c’è budget“, come ripete il tormentone virale che circola in questi giorni a (giusta) difesa delle professioni intellettuali e creative. Ad esempio quella – paradosso! – del recensore. Il quale, di solito (ma l’aspirante recensito non lo sa), è pagato dall’editore che gli pubblica la recensione e non dall’autore del libro.
Merita però un inciso finale il meccanismo psicologico che induce il sedicente romanziere a puntualizzare “se gratuito” e non casomai il parimenti irritante, ma almeno meno eticamente misero, “se interessati contattatemi“.
No, per lui l’interesse del potenziale recensore è peggio che scontato: è irrilevante.
Dev’essere interesse e pure gratis.
Ahò, a me m’hanno pubblicato su amazon, mica pizza e fichi.

PS: ovviamente del testo nemmeno un rigo in delibazione, nè della copertina, nè dell’editore.
Figuriamoci sull’autore.