Se abbia davvero l’oro in bocca non lo so, ma il mattino, quello vero, cioè presto, offre una lucidità e una chiarezza di visioni che il resto della giornata non sa dare. Colpa probabilmente, o merito, fate voi, del fatto che, fresca di risveglio e non ancora intossicata da altre faccende, o da rumori, o da quelli che ancora dormono, cioè quasi tutti (la domenica mattina in particolare), la mente può andare al massimo dei giri col minimo di gas e avere quindi una percezione estremamente fedele e obbiettiva della realtà.

Non è un caso, credo, che l’alba sia l’ora preferita dei poeti e dei suicidi.

Poiché non appartengo a nessuna delle due categorie, ora mi limito a dire che, da questo privilegiato osservatorio quasi antelucano, le prospettive appaiono tutt’altro che rosee.

Il virus, i vaccini, l’eterna farsa di una politica strumentale a se stessa, l’ottusità di un popolo bue bisognoso solo di ami a cui abboccare, la beata imbecillità dell’ottica manichea, vero mastice dell’umanità, la fede cieca nei dogmi pedestri (la ripresa, le vacanze, la ripartenza, le riforme che non si capisce mai quali dovrebbero essere), la cristallizzazione delle idee e di problemi divenuti cronici, pertanto inguaribili, i moralismi d’accatto riciclati come argomento di propaganda, la comica solennità degli inni cantati solo per omaggio a perbenismi e conformismi attraverso i quali la gente ama farsi fottere.

Se l’oro in bocca di cui si diceva è questo, a digestione avvenuta si potrebbe dire che non è tutto oro ciò che abbiamo in corpo e luccicava.

E quindi che troveremo, la sera, all’altra estremità del tubo?