Stamattina tutti, compresi Gramellini e il sottoscritto, d’istinto stigmatizziamo la corsa al reddito di cittadinanza e i trucchetti adottati da tanti italiani per accaparrarselo.

Inevitabile: sia il ricorso ai trucchetti sia la stigmatizzazione, intendo, visto che il reddito di cittadinanza è di per sè una trovata puramente demagogica.

Poi però bisogna riflettere e non confondere le cause con gli effetti.

Chiedersi, ad esempio, se sia vero che gli italiani sono, nei confronti di ogni cosa, tendenzialmente “furbetti” e perchè.

E allora mi viene da pensare che spesso, anche se non sempre, in questo paese si è costretti ad essere furbetti per necessità. Perchè, cioè, il sistema ti pone di frequente non solo davanti a una muraglia di complicazioni inutili e cervellotiche, ma perchè, e forse soprattutto, poi il sistema stesso non fa (maliziosamente?) nulla per prevenire le furberie, individuarle, punirle. E quindi fare i furbi finisce spesso per essere un modo per sopravvivere e per partire alla pari con gli altri.

Scuse? Mica tanto, a pensarci bene

Quante norme, ad esempio, sono concretamente inapplicabili, al punto che, se fossero applicate, bloccherebbero la macchina? E’ in questo, guarda caso, che talvolta consistono gli “scioperi bianchi“, quelle proteste in cui, cioè, non si interrompe il lavoro, ma si seguono pedissequamente i regolamenti, nell’attesa che, in un tempo brevissimo, il procedimento si intasi e cessi di svolgersi, creando il caos.

Ciò per dire, appunto, che spesso arrangiarsi è anche una questione di sano buon senso e non solo di malizia.

Ma si diceva del reddito di cittadinanza.

Personalmente lo osteggio per ragioni etiche e pratiche.

Torniamo tuttavia alla stigmatizzazione dei trucchetti per accaparrarselo.

Ma noi italiani, domanda retorica, abbiamo un’idea della quantità di trucchetti messi in campo ogni giorno e in ogni settore per beneficiare di qualcosa da cui saremmo altrimenti esclusi?

Voglio dire, ad esempio: si fa un gran parlare del boom dell’imprenditoria femminile, l’emancipazione e bla bla bla. Ma davvero si finge di ignorare che una cospicua parte delle nuove imprese in rosa o di quelle che beneficiano delle agevolazioni ad esse riservate è frutto di intestazioni furbesche, di frazionamenti di aziende e di quote societarie, di distribuzione di cariche fittizie per dare alle aziende medesime la verniciata di genere minima necessaria per rientrare nella categoria?

E le imprese giovanili? Davvero si fa finta di non sapere che l’Italia non è solo piena di ventenni intraprendenti e vogliosi, ma anche e soprattutto di padri, madri, nonni, zii che usano figli e nipoti come prestanome per trasformare in giovanili le aziende di famiglia e accaparrarsi le prebende?

E i trucchetti contabili per abbassare i redditi nominali? E i falsi fallimenti? E i certificati medici compiacenti? E le attestazioni fittizie? E i cambi di residenza simulati? E i matrimoni di comodo, quando anche non i divorzi? E i falsi lavori avventizi per lucrare i sussidi di disoccupazione?

Tutta roba spesso lecita ma borderline, resa possibile da una normativa farraginosa, piena di buchi e di controlli omessi. Oppure di controlli non omessi ma compiuti pro forma, burocratici e quindi tanto costosi per la comunità e inutili, che spingono il cittadino non a dismettere la furbizia, ma a raffinarla. Alzi la mano chi qualche volta non ne ha approfittato. Me compreso, si capisce.

Onestamente, insomma, non credo che gli italiani siano davvero e per tendenza più furbetti degli altri. Sì, ci sarà pure un’atavica inclinazione. Ma frutto più della pubblica ammuina che dell’innata malizia del cittadino.

Ovvio quindi che ci sia la corsa al reddito di cittadinanza.

La bontà dei risultati del quale, disvalore di fondo a parte, si misurerà come ho detto nella capacità di prevenire i furbi, smascherarli e soprattutto evitare che trovino spazio tra gli interstizi delle norme.

Non ci credo, ma ci spero.