All’Inter, uscita dal triplete di Mourinho trionfante ma sfinita, non ne va più bene una. Il momento passerà, ma potrebbe essere troppo tardi per raggiungere risultati pari alle ambizioni. Allora è meglio tornare coi piedi per terra, ridimensionare le aspettative, tenere le redini ferme e portare a casa il molto che ancora resta da portare a casa. Tutto però è nelle mani del presidente: tocca a lui dare sicurezza a un ambiente forse anche troppo scosso per certi inusuali ma non impossibili rovesci.
Samuel Eto’o non è un giocatore qualunque. E’ un grande centravanti e una delle superstar del calcio mondiale. Esperto, scafato, super pagato. E pure simpatico.
Che una stella smaliziata come lui, abituato a stare sotto i riflettori, consapevole delle regole scritte e non scritte, dei moralismi, dei riflessi condizionati e delle condivise ipocrisie del “sistema calcio”, si sia lasciato sorprendere dalle telecamere a dare una testata sul petto di un avversario – procurandosi così una squalifica per prova televisiva praticamente certa – è il simbolo perfetto del momento infelice dell’Inter.
Una squadra a cui non va più bene nulla e che sta avvitandosi su se stessa, nell’incredulità dei suoi tifosi e degli stessi dirigenti. Prima si sono infortunati i veterani, i reduci dal mondiale, gli eroi del triplete usciti spremuti dal biennio mourinhiano. Poi hanno preso a infortunarsi i giovani e i giovanissimi come Coutinho e Obi. Ora ci si mettono perfino gli ultimi reduci a autoeliminarsi. Come Eto’o, appunto.
Sia chiaro: il camerunense non ha compiuto alcun gesto drammatico. Solo stupido. Vabbene, è stato provocato, aveva preso un cazzotto da tergo sul collo, probabilmente era tutta la partita che tra lui e l’avversario diretto c’erano scintille, colpi proibiti. Ma non si può essere così sciocchi da farsi squalificare per un inoffensivo buffetto, di nessun effetto fisico ma di enormi conseguenze disciplinari. Almeno avesse steso il difensore con una testata vera, un fallaccio. Si sarebbe detto che aveva perso la testa. Ma così?
Tutto ha l’aria di essere più che altro un gesto di frustrazione. Perché perdi, perché prendi i pali e la palla non entra, perché i compagni sono fuori forma, perché mezza squadra è in infermeria, perché il gioco non gira, perché sei in forma e ti senti addosso tutto il peso di una stagione evidentemente storta, ma ancora carica di aspettative, di obbiettivi da raggiungere.
E tu che fai? Perdi il controllo e ti fai ingenuamente beccare dall’occhio elettronico, scatenando la solita tempesta mediatica che adesso colpirà te come, prima di te, ha colpito altri. Mettendoti in tal modo in condizione di non poter nemmeno essere difeso dalla società, perché tutti hanno visto. E vagli a spiegare che Cesar non si è fatto niente, che ti aveva riempito di falli, che ti aveva appena dato una manata. Nessuno ti capirà o potrà mostrare di capirti e soprattutto, in pubblico, nessuno ti perdonerà.
Morale della favola: non si sa chi giocherà a fianco di Pandev domenica prossima contro il Parma. Incredibile a dirsi: tra cessioni (Balotelli), infortuni (Milito) e squalifiche (Eto’o), la squadra con la panchina più ricca e lunga d’Italia rischia di dover rispolverare dalla naftalina figure finite da tempo in secondo piano come Suazo o di lanciare allo sbaraglio i giovanissimi come il diciannovenne Alibec.
Se si trattasse solo di questo, ce la si potrebbe anche fare. Ma con Milito, Motta, Mariga, Samuel, Coutinho, Julio Cesar, Maicon, Chivu e Muntari infortunati, Cambiasso, Stankovic e Zanetti reduci da un infortunio, Sneijder e Biabiany fuori forma, la vedo dura.
Moratti, tieniti stretto Benitez e aspetta che passi la nottata…