E’ accettabile che non solo fuori da un luogo di dolore come un ospedale, ma addirittura dentro, campeggino immagini pubblicitarie e oscene reclame di ogni genere di merce? A mio parere, no. Eppure a Siena succede. Altrove, non so.

 

L’orrore ha molti volti.
Compreso quello del grottesco che‎, in certe occasioni, serve a dissimulare il resto.
Onestamente non so se nè se vi siano, nè quali ‎siano le regole sulla pubblicità commerciale nelle strutture pubbliche e in particolare in quei luoghi, per ragioni intuibili così particolari e generalmente infelici, come gli ospedali.
So però che, senza dubbio, non sono di buon gusto le reclame 4×6 di tutto, dai motorini ai computer, dai ristoranti agli elettrodomestici, affisse lungo i camminamenti che, già all’interno del compendio, portano all’ingresso di un nosocomio.
Ma trovo di inconcepibile stupidità, oltre che controproducenti, quelle che, dentro a un ospedale e anzi ormai nel suo cuore, con effetto surreale (eufemismo) pubblicizzano cose superflue, ad esempio sulle porte degli ascensori che fanno salire pazienti e visitatori angosciati laddove la gente è ricoverata, soffre, muore. Tra zaffate di aria viziata e olezzi di disinfettante.
Eppure è così.
Parlo per esperienza diretta, legata a una recente vicenda personale.
Prima devo affrontare una specie di lungo tunnel pedonale fittamente tappezzato di megamanifesti ammiccanti.
Poi entro nell’ospedale vero e proprio, seguo per centinaia di metri le linee colorate che conducono al reparto e, in una sorta di Shining sanitario, alla fine mi trovo in un atrio squallido, gelido e spoglio su cui si aprono le porte scorrevoli di tre ascensori. E’ una sorta di anticamera dell’inferno. Il luogo da cui, anzichè scendere, vi si sale. E ciononostante quelle aperture sono tutte oscenamente e chiassosamente istoriate di serigrafie commerciali: simili a orrende bocche meccaniche, o a mannaie del buon senso, si aprono e si chiudono come enormi mandibole, inghiottendo, metabolizzando e espellendo, ai piani superiori, malati, parenti, medici.
Si ha un bel dire che la sanità ha bisogno di risorse, che pecunia non olet, che la pubblicità è l’anima del commercio.
Nei luoghi dove l’anima, al massimo, uno la rende o la raccomanda al padreterno, queste schifezze fuori contesto non dovrebbero esserci e basta.
Men che meno così sfacciate, stolidamente colorate, ignobili, imbecilli.
E pazienza se adesso qualcuno degli inserzionisti si offenderà.
Io del resto non ce l’ho con loro, che fanno una cosa (spero) legittima, ma con chi gli consente di farla, sia esso la legge, il regolamento, la regione o il direttore sanitario.
Ce l’ho anche con chi, lo ammetto, da quelle reclame si fa influenzare: se un deficiente va in ospedale e invece di pensare ai ricoverati o alla propria salute guarda la pubblicità sui muri e pensa al junk food che mangerà all’uscita, si merita questo e altro.