E’ mancato ieri Paul Kantner, fondatore e leader dei Jefferson Airplane/Starship. Uno dei protagonisti della woodstock-era che aveva saputo invecchiare con dignitosa coerenza, pur restando se stesso: leader, ideologo e guru.

Soundtrack: “White rabbit“, Jefferson Airplane

Era uno di quelli che erano invecchiati bene. Cioè uno che, alla fine, era invecchiato e basta.
Come la sua musica del resto, un rock and roll grande ma fortemente generazionale. Del tipo che va posseduto, studiato, ascoltato per capire epoche e sound, ma che onestamente, se sentito con l’orecchio di oggi e con poco retroterra discografico, rischia di apparire un po’ polveroso e opaco. Questione di suoni e di messaggio, non certo di furore.
A fine anni ’80 la sua ex moglie e musa, Grace Slick, toccato il mezzo secolo aveva appeso il microfono al chiodo, dicendo che dopo una certa età i panni del rocker poco si adattano alle signore.
Lui invece la chitarra e quei panni li ha indossati ancora a lungo, ma senza mai cambiare troppo di moda: erano gli stessi dei suoi anni ruggenti, i ’60, dai quali non era mai stato capace, o forse non aveva mai voluto, staccarsi del tutto. Anche nei tanti progetti più o meno jeffersoniani dei decenni successivi, tra ricostituzioni spesso improbabili, nostalgie hippie, rimpatriate a geometria variabile e session con musicisti suoi coetanei.
E se non c’è dubbio che i Jefferson Airplane siano stati un gruppo fondamentale della storia del rock, assai meno lo è stata la loro reincarnazione in Starship e quasi per nulla lo sono stati la galassia di riaggregazioni a cui Kantner ha dato vita volta dopo volta.
Messo un po’ in ombra sul palco sia dal fulgore scenico (e non solo) della Slick, sia dalla straripante chitarra di Jorma Kaukonen, nessuno tuttavia ha mai potuto mettere in dubbio nè il suo ruolo di compositore, nè quello di leader “politico” della band, un po’ ideologo e un po’ guru, un po’ dittatore e un po’ icona.
Per i più attempati Paul Kantner rappresentava molte cose, dunque. Per gli storici del rock era tra le figure di riferimento per fotografare un’epoca.
In un tempo in cui, sempre più spesso, la falce dell’anagrafe viene a portare via chi era sembrato e a volte forse si era pure sentito immortale, quanto accade oggi è dunque triste e fatale.
Di surrealistic è rimasto solo il ricordo.