di ANDREA PETRINI
Il Gavi di Gavi Etichetta Nera 2013 è uno dei simboli del territorio e rispecchia sia la lungimiranza dei suoi produttori, i Soldati di cotanto Mario, che il significato del toponimo, “La Scolca”, cioè “guardare lontano“.

 

Mio cugino Vittorio Soldati fa, nientemeno, il Gavi della Scolca, forse il migliore di tutti i Cortese… Sorprendente e unico, ormai, il suo vino.. sebbene diffuso nei locali di lusso, non cede al confronto coi più collaudati bianchi di Francia… L’importante è il vino e finora non se ne può dire che bene”. Mario Soldati, Vino al vino, 1969.

La citazione, legata ad uno dei più grandi scrittori e registi italiani, un innamorato delle colline del Gavi (che descriveva come di un verde rilassante e composte da un mosaico complesso di suoli, tavolta bianchi, talvolta rossi), segna in modo indelebile il rapporto tra la famiglia Soldati e questo territorio ricompreso in 11 comuni della provincia di Alessandria.

La tenuta fu acquistata nel 1919 dal bisnonno di Giorgio Soldati, padre di Chiara Soldati.

All’azienda venne dato un nome simbolico, La Scolca, che deriva dall’antico toponimo “Sfurca”, ovvero “guardare lontano”. E il riferimento è sia esplicito, cioè relativo alla cascina che vi sorgeva e in passato usata come postazione di vedetta, sia implicito, legato cioè al carattere dei proprietari, convinti delle potenzialità del Cortese: lo piantarono ai primi del ‘900 in un areale contrassegnato vigneti a bacca rossa. Oggi, dopo un secolo, quell’uva bianca è diventata il simbolo del territorio e dell’azienda, noti in tutto il mondo.

Per avvalorare quanto sopra oggi voglio parlare del vino più iconico e rappresentativo de La Scolca, ovvero del loro Gavi dei Gavi, Cortese in purezza che si produce ben prima del riconoscimento della DOC (1974). E’ un marchio registrato in Europa dal 1969 e negli Stati Uniti dal 1971, meglio conosciuto come “Black Label”.

Questo Gavi di Gavi Etichetta Nera 2013, millesimo considerato tra i più tardivi degli ultimi decenni a causa di un inverno prolungato fino ad aprile, ha un colo giallo paglierino. Tanto che alla cieca avrei scommesso che fosse l’ultima o la penultima annata messa in commercio. Al naso è che il vino stupisce ed esalta il territorio e la denominazione, con l’espressività mista a complessità tanto cara a Mario Soldati. Aromaticamente ci ritrovo un austero rigore minerale (selce e pietra focaia) accanto a stratificazioni di anice, agrume candito, cera, mirabella, fiori gialli declinanti. Al sorso stupisce ulteriormente perché, accanto ad un’apparente esilità, è determinato, freschissimo e dura lungo, con echi di sapidità che riportano al vicino Mare Ligure.

 

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