di ANDREA PETRINI
Domodimonti Marche IGT “Passione e Visione” 2010: questo Petit Verdot in purezza fatto a Offida da marchigiani-canadesi ha sbriciolato i pregiudizi dell’autore contro i vini italiani da vitigni internazionali.
E’ abbastanza noto il mio scarso entusiasmo verso i vitigni alloctoni, soprattutto se il vino, come spesso accade, non è poi all’altezza delle aspettative di produttori a volte troppo influenzati dall’agronomo o dall’enologo.
Immaginate quindi la mia reazione quando, a una cena stampa-presso l’Enoteca La Torre di Roma, mi si è presentata una bottiglia di Petit Verdot prodotta sulle colline di Offida.
Andò però che nei primi anni Duemila, durante una delle loro tante trasferte in Italia dal Canada, dove vivono, Francesco e Marisa Bellini s’innamorassero di questo bellissimo areale marchigiano, di cui le loro famiglie erano originarie. Da qui a realizzare un investimento che potesse valorizzarla, il passo fu breve: “Volevamo produrre un vino da bere con la nostra famiglia e gli amici. E volevamo produrlo nelle Marche, dove siamo nati. Volevamo una cantina che rispettasse il territorio, quindi l’abbiamo scavata nella collina, per non deturpare il paesaggio, puntando subito sul biologico e il fotovoltaico. Quando, un giorno, ci siamo ritrovati a produrre più bottiglie di quelle che potevamo bere, in quel momento e solo in quel momento è nata l’azienda agricola Domodimonti”, spiegano.
Per realizzare il progetto, nel 2003 piantano vitigni autoctoni come Passerina, Pecorino e Montepulciano e due internazionali di grande potenziale come Merlot e Petit Verdot. Viene costruita una cantina interrata con una bottaia da 140 barrique e 19 tonneaux, che pare un anfiteatro.
Domodimonti, oggi, produce sette etichette: uno spumante charmat, due bianchi e quattro rossi tra cui un Petit Verdot in purezza chiamato Passione e Visione, di cui ho potuto apprezzare l’annata 2010.
Appena messo il naso nel bicchiere ho capito subito che il mio pregiudizio sui vitigni alloctoni doveva essere almeno parzialmente rinnegato: il vino, che mi aspettavo baroccheggiante e seduto, si è rivelato subito integro ed elegante, con aromi ancora centrati su prugna, ribes nero, pennellate floreali e spezie dolci. Anche in bocca dichiarava equilibrio: la freschezza, ancora evidente, dava ritorni fruttati e tocchi di humus, mentre la morbidezza si fondeva con tannini perfettamente fusi.
Passione e Visione: nomen omen per un Petit Verdot marchigiano carismatico ed inaspettato.
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