di ROBERTO GIULIANI
Oltrepo Pavese Bonarda Astràgalo 2003 Sacrafamilia: da un produttore di forte ed esplicito credo religioso, un vino che anche dopo vent’anni dà risultati al di là di ogni facile gioco di parole.
Mi aveva già spiazzato la versione 2004 il mese scorso, ma qui andiamo indietro di un altro anno, al caldo 2003.
Ora, che Sacrafamilia – l’azienda di Anna Mercandelli e Domenico Capeto situata a Godiasco Salice Terme, nel cuore dell’Oltrepò Pavese – si distingua per il forte credo religioso che avvolge e indirizza il lavoro in vigna e in cantina, è cosa risaputa. Siamo a livelli assoluti nelle soluzioni agronomiche, si opera in modo certosino: qualunque intervento chimico è bandito, compresi rame e zolfo, le vendemmie portano a casa quantità d’uva ridicole, nell’ordine del 3-4% a ettaro, neanche il più estremo dei vini passiti si ottiene da così poca resa.
Non entro nel merito, anche perché non potrei, ma basta conoscere Anna e Mimmo, o semplicemente leggere le loro mail, per capire quanto siano costantemente immersi in un linguaggio legato al Divino, quanto tutta la loro esistenza ne sia profondamente intrisa e li porti alla ricerca della purezza assoluta.
Bene, scendendo sulla Terra, anzi sulla terra, quello che conta è che da loro riceviamo dei vini dotati di qualcosa di unico, persino da un vitigno che solitamente non è neanche lontanamente paragonabile a un Aglianico, un Nebbiolo o un Sagrantino per longevità e complessità.
Quindi questa Bonarda Astràgalo 2003 fa parte di qualcosa che fatico a spiegarmi, perché vi assicuro che è straordinaria. Già il colore è spiazzante, ancora mostra aneliti rubino in un contesto che non va oltre il granata, ma è all’olfatto che mi lascia senza parole, lo trovo ancora migliore del 2004, nonostante la qualità dell’annata avrebbe dovuto favorire quest’ultimo. Invece mostra un corredo fruttato vivo e generoso, senza sbavature né ossidazioni, se c’è qualche cenno terziario è finissimo, del sottobosco prende i lati più freschi, balsamici, si coglie benissimo anche un mazzo di violette, dopo 22 anni e dalla vendemmia 2003! Mi dà quasi fastidio entrare nello specifico perché mi sembra fuorviante scrivere di riconoscimenti olfattivi, il valore di questo rosso oltrepadano va ben oltre.
Integrità e fascino che ritrovo perfettamente al palato, dove il frutto quasi esplode in tutta la sua dolcezza, probabilmente un leggero residuo zuccherino, o forse una raccolta leggermente tardiva, sta di fatto che ha un sapore intenso e armonico, piacevolissimo, bilanciato da una vena acida perfettamente fusa con la polpa che ne esalta la vitalità, ma soprattutto non ha alcun cedimento, segno che le uve dovevano essere perfette.
Un vino così sovverte ogni regola, dimostra che il legame intimo tra umano e natura, basato sul profondo rispetto, può forgiare autentici capolavori come questo.
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