di ANDREA PETRINI
“Santa Maria dell’Arco” 2006 Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane DOCG Faraone: iodio, agrumi e erbe medicinali in un mix di invidiabile territorialità, con l’acidità che prevale sul tannino.
Le Colline Teramane sono una porzione di Abruzzo di magnificente bellezza, dove l’intreccio tra uomo, natura e tempo ha origini antiche come la storia della viticoltura di questo territorio che, per sua natura, ha l’attitudine a creare vini profondi e scalpitanti, di grande identità, immediatezza ed eleganza.
L’area di produzione abbraccia l’intera collina litoranea e interna della provincia di Teramo ed è caratterizzata, a est, da ampie colline che scivolano verso il mare Adriatico e dalla presenza imponente del Gran Sasso e dei Monti della Laga, a nord–ovest.
In questi luoghi da cartolina, tra brezze di mare e di montagna e terreni di natura argillo-limosa, il Montepulciano trova un habitat unico. Di ciò si sono accorti presto anche i vignaioli locali che hanno fatto sagge scelte di preservazione del territorio con pratiche agricole di sostenibilità ambientale: oltre il 70 per cento delle aziende, infatti, opera in regimi di biologico, o lotta integrata, o biodinamico.
Faraone è una delle aziende storiche: già dal 1930 si cominciò a coltivare Passerina, Sangiovese e ovviamente Montepulciano e risale agli anni ’70 l’inizio dell’imbottigliamento e della commercializzazione.
Non è difficile, se si cerca nelle enoteche della zona, imbattersi in qualche vecchia annata di Montepulciano di quest’azienda, che ha nel Santa Maria dell’Arco il fiore all’occhiello. Il nome prende ispirazione da una vecchia cappella attorno alla quale, nei primi anni ’90, l’azienda possedeva dei vigneti. Il nome è rimasto per contrassegnare oggi i vini della riserva aziendale sia di Montepulciano (DOCG) che di Trebbiano. Nello specifico le uve provengono dalla particella più alta del vigneto di Collepietro, con da terreno sabbioso e ciottoloso esposto a sud est.
Il millesimo 2006, bevuto a casa di amici, non fa altro che confermare la grande capacità di evoluzione del Montepulciano d’Abruzzo che in questo caso, grazie alle specificità del terroir delle Colline Teramane, non si rivela il classico “vinone” tutto muscoli e scarsa beva. Questo Santa Maria dell’Arco svela anzi un lato decisamente leggiadro e affascinante, con un naso profondo dove iodio, sensazioni agrumate ed erbe medicinali creano un mix aromatico di invidiabile territorialità. Al sorso l’acidità, anch’essa quasi agrumata, è ancora sugli scudi tanto da prevalere sulla presenza tannica e, in generale, sulla sostanza di questo Montepulciano ancora vivo, affilato e dalla generosa scia sapida finale. Diciassette anni e non sentirli!
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