Soundtrack: “Allettanti promesse“, Lucio Battisti.
Ci vuole Lucio Battisti per interpretare il confuso sentimento di rivalità, solidarietà, speranza e rassegnazione che affiora dalle elezioni dell’Inpgi in corso. Ovunque è un fiorire di commenti e resipiscenze, sull’onda della rete. E’ il dormiveglia del giornalismo italiano?
C’è gente che fino a ieri ignorava cosa fosse l’Inpgi e che oggi ne discetta con fare dottorale. Ci sono colleghi smarriti che adesso sembrano folgorati sulla strada di Damasco. Ci sono giornalisti tarantolati dal morso della rivalità e dell’astio personale e quelli che, invece, sull’onda del chiacchiericcio telematico e dell’amicizia virtuale, cementano alleanze d’acciaio nel nome della condivisione di idee, speranze e principi.
Pazzesco effetto della campagna elettorale per il rinnovo dei vertici dell’ente di previdenza dei giornalisti.
E della possibilità del voto elettronico che, nonostante l’innata diffidenza italica verso l’e-burocrazia, cambia le carte in tavola al sistema delle parrocchiette e fa del tam tam telematico l’arma vincente della propaganda, rendendo possibili alleanze trasversali e transgeografiche fino a ieri impensabili.
Basta in queste ore farsi un giro sui gruppi di FB dedicati all’argomento per rendersi conto dell’ebollizione in atto, in un misto di enfasi e di sensazione di libertà, di ansia e di lotta. Tra allettanti promesse e una battistiana sensazione di leggera follia, di velata ebbrezza, di fuggente euforia.
E’ tutto oro ciò che luccica?
No di sicuro. E la fregatura è dietro l’angolo.
Però è innegabile che, finchè dura, è una bella atmosfera, anche se da fine dell’impero. Con i barbari alle porte e gli effimeri imperatori acclamati dalle legioni.
L’impressione è che una professione gloriosa e già prestigiosa come quella del giornalista stia per diventare formalmente (perchè nella sostanza lo è già da tempo) un mestiere come un altro. Anzi, un mestiere di massa, di bassa manovalanza, dove sono i grandi numeri e la fungibilità degli operatori a prevalere.
Il che dà ai diretti interessati un’eccitante sensazione di quantità, mettendo in ombra il lato triste della faccenda (“la fine triste della partita“, direbbe Guccini), ovvero di essere diventati – appunto – massa.
Sembra un grande, ellenistico, dormiveglia collettivo. Addio alla polis ed evviva il cosmopolitismo professionale.
E allora sguazziamoci dentro, finchè l’effetto dell’oppio elettorale dura.
Al dopo ci penseremo poi. Cioè tra qualche giorno.
Io intanto i miei candidati li ho votati ed erano, per una buona metà, persone che fino a sei mesi fa non avevo mai visto in faccia.
Vi pare poco?
“Io non posso parlare solo di calcio e di donne
di membri lunghi tre spanne non posso parlare
di tutte le corna del droghiere
e dell’ulcera duodenale del padre del salumiere
non posso parlare
Potrai avere un giorno anche dei figli!
Per farli diventar così preferisco allevar vitelli e conigli!”