La rima non è voluta. E sono qui per ammettere le mie colpe: mi ritenevo infatti un ottimo esegeta dei luoghi comuni della letteratura turistica, ma mi sbagliavo. Nutritomi per decenni di dileggi all’indirizzo dei proverbiali “splendida cornice”, “tradizione e innovazione”, “mare color cobalto”, “palme lussureggianti” eccetera, mi ero finora lasciato sfuggire quello che forse è l’apoteosi, il premio Nobel della categoria: l’essere, per un luogo, “immerso nel cuore” di qualcosa. L’ho appena appreso in rete.
Pensateci bene: può bastare essere “immersi nel verde” o “immersi nella tale o talaltra campagna”? Eh, no. Vuoi mettere “essere immersi nel cuore del verde” o “immersi nel cuore della campagna”? Il cuore è il cuore, il centro del centro, è un tuffo dove l’acqua blu è più blu. Tutta un’altra efficacia letteraria. Siamo alle soglie del lirico, diciamolo.
Poi giro pagina e trovo subito di peggio: un alato recensore di vini mi presenta, ispirato, un rosso “dal sapore profumato”. Il che fa presumere che anche il bouquet abbia un ottimo sapore.
Rassegniamoci, siamo proprio immersi nel bidone dell’immondizia che qualcuno ha al posto del cuore di buffoniana memoria…