Oggi è la Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate. Ma certi viticoltori ne parlavano già un anno fa al Vinitaly: le vigne, il paesaggio, il territorio e il “segno” lasciato dalle antiche strade ferrate di Puglia, dove anche il treno era “vettore” del vino.
Da bravo paleozoico digitale, sono abituato a mandare le cose a memoria o per iscritto. Nel senso di scritto a mano, sulla carta. Che poi va religiosamente (e caoticamente) conservata.
Questo metodo senza dubbio antico (il che di per sè non è, a mio modo di vedere, un difetto a priori) comporta comunque due vantaggi: obbliga ad un costante esercizio mentale per ritrovare l’ubicazione del famigerato fascicolo con gli appunti e costringe ad altrettanto esercizio logico per trovare le relazioni esistenti tra quel fascicolo e ciò che la realtà quotidiana del giornalista offre. In poche parole: è una fonte inesauribile di idee correlabili ad uso ginnico-professionale.
Dunque è successo che giorni fa mi sono imbattuto, su corriere.it (qui), nel lancio della Giornata delle Ferrovie Dimenticate, che ricorre per l’appunto oggi (info qui).
Ed ecco che scatta la prima associazione di idee.
Al Vinitaly del 2013 (che c’entra, vi chiederete: c’entra, c’entra) ebbi una lunga conversazione con Giuseppe Palumbo, amministratore delegato di Tormaresca, importante azienda vinicola pugliese. Si parlò di vino, ovviamente. Con lui e con un gruppo di altri produttori che, con la solita brillante intuizione dei soliti diabolici pugliesi (che più li conosci e più sono agli antipodi dello stereotipo cinematografico alla Banfi), erano stati convogliati in fiera per una serie di appuntamenti ad hoc con la stampa, chiamati “Taste & Press“: oltre a Palumbo, c’erano Vittorio Moscogiuri dei produttori di Vini di Manduria, Dario Cavallo di Milleuna, Giovambattista Guarini della Duca Guarini e Edoardo Vallone di Santi Dimitri. Personalità spiccate e belle storie da raccontare.
Lo scopo dell’appuntamento era proprio di consentire ai viticoltori e ai giornalisti di ritagliarsi uno spazio tranquillo nel caos della fiera per potersi conoscere, sviluppare un dialogo, andare insomma oltre il solito pur interessante ma frettoloso assaggio di vini con successivi commenti fatalmente superficiali.
Bersaglio centrato, perchè i discorsi tra me e gli amici produttori si svilupparono eccome. Partendo dai prodotti nel bicchiere, è ovvio, ma poi evolvendosi su un raggio molto più ampio che ebbe come asse il concetto del territorio (pugliese, va da sè) come contenitore. Contenitore non solo di vini e di vigne, ma di gente, di paesaggio, di stili di vita con i quali una bottiglia è fatalmente destinata a interagire.
Chi seppe subito incanalare così bene la conversazione fu proprio Giuseppe Palumbo, il primo che incontrai.
E che mi confessò un sogno, o per meglio dire un desiderio: recuperare una vecchia stazione ferroviaria in disuso lungo una strada ferrata dismessa vicino alla sua azienda. Non per farne qualcosa di specifico, il solito museo o un semplice punto vendita. No, lui voleva recuperarla. E basta. A prescindere. Come segno sul territorio. Come benchmark di una geografia socioeconomica trascorsa e delle sue infinite microconseguenze che, al giorno d’oggi, rischiano di venire sbrigativamente cancellate da un’idea troppo disinvolta di modernizzazione. “Come mettere in relazione tra loro le pievi medievali – ragionavamo – consente di ricostruire la viabilità antica e quindi anche la distribuzione sul territorio di coltivazioni e di insediamenti oggi apparentemente senza un criterio, così preservare il reticolo delle reti ferroviarie divenute inutili consente di mantenere viva la conoscenza di una mappa sociale che per decenni, a volte secoli, ha determinato la realtà di certe aree rurali“.
In questo senso il discorso proseguì con il Museo della Civiltà del Primitivo di Manduria, con la passione di Dario Cavallo per le sue vigne ad alberello quasi centenarie, con la tradizione di origine normanna dei Guarini e con le radici profonde dei Vallone nel Salento. Alla fine mi pareva di aver viaggiato per le Puglie a bordo di una vecchia locomotiva, di quelle che ti lasciano il tempo per guardare la campagna.
Scattano dunque, stamattina, le associazioni di idee.
La prima: tra un mese c’è il Vinitaly, speriamo che la Regione ripeta l’esperimento degli appuntamenti mirati, ne avremmo tutti da guadagnare.
La seconda: ma la Puglia c’è tra i patrocinatori della Giornata delle Ferrovie Dimenticate? Rapida verifica: non c’è. Peccato. Un’occasione perduta.
Da riparlarne al prossimo “Taste & Press” di Vinitaly 2014.