Premetto che non ho alcuna simpatia – ma da quanto scrivo penso si sia capito – per i furbetti e i dementi i quali, indotti da imbecillità o incoscenza (virtù spesso simbiotiche), in tempi di contagio fanno gitarelle, passeggiatine ed evasioni varie, magari di gruppo, dove e quando è proibito.
Non ho neppure simpatia, e anche questo credo si sia capito, per una gestione cialtrona della sicurezza e dell’epidemia che da un lato permette a 40mila ebeti di fare 1000 km in auto e tornare al paesello indisturbati, ma dall’altro fa impazzire la sòra Cesira cambiando una volta al giorno il modulo di autocertificazione necessario ad uscire di casa e facendo tampinare la poveretta dalle forze dell’ordine a ogni pie’ sospinto.
A questa grottesche modalità ho infatti recentemente dedicato ampie critiche ed ironie.
Al cospetto però dell’ennesino cambio di modulistica, annunciato in data odierna (ho perso il conto: in dieci giorni quanti sono? Cinque, sei, sette, otto?), mi sto pian piano facendo un’idea diversa.
Ovvero che il tutto obbedisca a una precisa e nemmeno tanto stupida strategia: l’ansia da autocertificato inadeguato è infatti, di per sè, un forte disincentivo psicologico a uscire e, pertanto, crearla e alimentarla con continuità, attraverso nuove, sempre più contorte e speciose modulistiche, può costituire un efficace strumento per l’ulteriore riduzione della gente a un ingiustificato passeggio per strada.
Ora, però, è vero che la situazione è grave e che, a mali estremi, estremi rimedi. E’ vero anche che la gente è da un lato esasperata, da un altro stufa, da un altro ancora indisciplinata.
Ma è vero pure che o si organizza un sistema di rifornimenti a domicilio, o di contingentazione rigida dei permessi, o qualcos’altro che davvero non offra alle persone scuse per uscire senza necessità, oppure la strategia buroterroristica rimane una buffonata.
Perchè appunto, intanto, i furbetti del pedaggino fanno marameo dal finestrino a quelli appiedati dello scontrino.