Chiamatemi pure malizioso, ma ho da tempo un sospetto prossimo alla certezza: esiste un accordo segreto tra compagnie telefoniche e i fornitori di servizi non dotati di un numero verde riservato alla clientela.
L’accordo si basa sulla consapevolezza che, ormai, il 70% delle persone chiama il servizio clienti dai cellulari e che spesso tali chiamate sono a pagamento.
Il patto consiste ovviamente nel far sì che, con scuse varie, le telefonate durino il più a lungo possibile e comunque abbastanza da generare un traffico di una entità apprezzabile.
Il trucco è evidente: basta mettere, alla risposta, il solito, interminabile messaggio preregistrato che l’utente è costretto ad ascoltare prima di arrivare al dunque. Messaggio che, con voce alla moviola, prima ringrazia in sette lingue, poi ricorda gli orari con tutte le varie differenziazioni stagionali, quindi avvisa che tutte le informazioni si possono trovare anche consultando il sito aziendale, ergo che i dati sensibili per la privacy verranno trattati nel rispetto delle norme vigenti, successivamente che, causa intenso traffico, l’attesa potrebbe essere più lunga del previsto e, infine, che per accedere all’interlocutore giusto occorre digitare il tasto 1, o 2, o 3, o 4 e così via per almeno 12 funzioni, durante lo sciorinamento delle quali il povero utente ha già dimenticato quella che fa al caso suo e deve riascoltare il messaggio da capo.
Nelle more, si capisce, sono già trascorsi due minuti di telefonata, puntualmente addebitati. Se riattacchi prima, è implicito che non è perchè il servizio è pessimo e furbesco, ma perchè sei un impaziente.
Dopodichè, se sei ancora all’apparecchio, cominciano le musichine. Ma il gestore e il suo compare hanno cominciato a stropicciarsi le mani ben prima…