E’ uscito “Touch and go”, il nuovo album del cantautore dell’Indiana. Un’opera che ha il profumo dei solchi del vinile, ma non concede nulla alla nostalgia. E’ semplicemente un gran bel disco.
Non sta certo a me dire che Dirk Hamilton è un grande, realmente grande artista.
Ma è anche vero che la conoscenza personale, lo scambio di corrispondenza e una rete di relazioni che vanno oltre la copertina di un disco aiutano molto a scendere in profondità nell’opera di un musicista.
Ecco, se questo “Touch and go” che adesso ho per le mani nella forma (secondo molti, forse me compreso, superata) di cd fosse uscito in vinile trent’anni fa, adesso saremmo a gridare al capolavoro, al “disco definitivo” (formula elogiativa assai in voga tra certa critica dell’epoca) del cantautore dell’Indiana.
Ciò significa che le tracce digitali valgono in qualche modo di meno? O che i tanti, pregevoli dischi che Dirk ha realizzato nel frattempo non sono all’altezza di questo?
No, ovviamente.
E’ che quest’album sembra avere in sé la magica miscela di intimità e potenza, brillantezza e spontaneità di certi vinili che, in anni lontani, quando ancora l’industria discografica aveva una sua ragione di esistere ed era in grado di sancire l’ascesa o la caduta di un artista, amammo all’infinito. Ed è che, se il disco avesse la promozione e la diffusione che merita, non sarebbe difficile ad Hamilton riconquistare certe scene verso le quali egli oggi mostra, comprensibilmente, un amaro mix di diffidenza e disillusione.
Merito anche, senza dubbio, della misurata produzione del chitarrista Rob Laufer che, con una pur scarna strumentazione, valorizza ad esempio al massimo il ritrovato trasporto di Dirk per l’armonica a bocca e una vena folkie come sempre magnifica in abbinamento al calore della voce dalle ricorrenti inflessioni r&b del nostro. Per non dire di certe venature talking blues d’antico pelo che ricordano i sussurri di un suono puro – nel senso di privo di incrostazioni tecnologiche – tanto per esecuzione che per registrazione.
“Touch and go”, insomma, ha il profumo inconfondibile dei solchi nei quali lentamente affondava lo stilo della testina, senza per questo pagare pegno a nessun nostalgismo sonoro né a facili sentimenti di riflusso. E’ un disco che vibra intensamente, così come vibra questo Dirk Hamilton a volte quasi ruggente, forse meno rassegnato, forse più arrabbiato, magari solo più ispirato e meglio prodotto. La musica scintilla, la chitarra svisa, il ritmo batte. Senza che nulla però tradisca forzature. Il timbro vocale di Hamilton, duttile e calibrato, emerge inconfondibile tanto nei rock più uptempo che nelle ballate di stile più classico.
Un album davvero d’altri tempi, nel senso migliore della parola, che non deve servire nè a riconciliarsi col passato e neppure a ridimensionare il presente.
Lo si compra su www.dirkhamilton.com a 15 dollari ed è , va da sé, caldamente consigliato.