Tra i giornalisti – assunti e non – serpeggia l’incertezza: con la ripresa lenta e segmentata, alcuni comparti già in sonno e destinati a ripartire per ultimi (turismo, enogastronomia, tempo libero) rischiano di giungere morti alla meta. Urgono “stati generali” settore per settore?
Il domino della crisi economica innescata dal coronavirus potrebbe avere esiti esiziali per gli ultimi anelli della catena, ovvero quelli ai quali lo strattone recessivo giungerà più forte. E che spesso sono anche i più deboli.
E’ ovvio, acclarato e intuitivo che uno dei settori più colpiti, perchè destinato per forza di cose a riavviarsi dopo gli altri, è legato alle attività, diciamo così, “voluttuarie“. E, tra queste, a quelle che per loro natura implicano un maggiore tasso di socialità: turismo, tempo libero, intrattenimenti, ristoranti, cibo e vino di qualità.
Da tempo, attraverso molteplici canali, le categorie imprenditoriali interessate hanno lanciato segnali d’allarme per un futuro che, se cominciasse troppo tardi, potrebbe quindi tramutarsi in un de profundis per i medi e piccoli (visto che i grossi si salveranno o limiteranno le perdite grazie ai volumi di affari, alla capitalizzazione e al paracadute delle vendite on line e in gdo) e poi per il mercato di ricaduta che di essi rappresenta lo sbocco naturale: ovvero i consumi individuali e l’horeca.
A valle di questo segmento ad alto rischio ce n’è tuttavia un altro ancora più a rischio, in quanto fortemente dipendente dal primo: l’informazione di settore, ovvero l’editoria specializzata e, ultima delle ultime ruote, il giornalismo che essa esprime, impiega, coinvolge.
Una platea, quest’ultima, già proverbialmente frammentata e piena di contraddizioni, divisa in correnti spesso tra loro in concorrenza o in discordia, ma che presto potrebbe trovarsi riunita sotto la stessa sventura: guide, stampa cartacea, stampa on line, critici, cronisti, commentatori, uffici stampa. Migliaia di professionisti che, uno dopo l’altro, rischiano di essere spazzati via dopo che l’epidemia e il susseguente blocco ha già mandato in fumo programmazioni, incarichi professionali, progetti, lavori, articoli per tutto il 2020.
La prospettiva è drammatica: non viene a mancare solo la naturale fonte di committenza, cioè l’industria editoriale, ma il terreno stesso sul quale essa si poggiava, ovvero il composito e intercorrelato business del turismo, dell’enogastronomia, del tempo libero, dei servizi, con operatori in crisi, ristoranti che non riaprono, commercianti che non comprano perchè non vendono e non vendono perchè non comprano, mercato pubblicitario paralizzato, pubblico intimidito, impoverito e impaurito che stenta a riacquisire interesse per il settore e a disporre dei redditi necessari ad alimentare i consumi cosiddetti edonistici.
Tra gli addetti ai lavori dell’informazione coinvolti in questa filiera serpeggiano pertanto incertezza e sconforto.
E’ in questo quadro che si fa sempre più chiara l’eventualità, ormai prossima a diventare una necessità, di convocare gli “stati generali” della categoria per esaminare le prospettive, studiare le possibili soluzioni, individuare come superare gli ostacoli e rilanciare (magari cogliendo l’occasione per migliorarla) la professione.
Cominciamo a pensarci e a come organizzarsi, perchè l’operazione non è semplice.