Dopo la turbolenta riunione del 17 scorso, la commissione contratto dell’Fnsi se ne esce con l’immancabile “mozione”. Che a qualcuno pare una dichiarazione di guerra. E che a me invece pare un attacco con le pistole ad acqua.

Riassumendo:
– c’è una categoria allo sbando, regolamentata per legge da un ordine dove si entra (e si resta) senza dimostrare nulla e la metà degli iscritti al quale non esercita la professione;
– copiosa parte dei “giornalisti” di nome ma non di fatto siede però negli organi collegiali che sovraintendono all’OdG e al sindacato;
– c’è un sindacato che nasce e, da sempre, coerentemente opera a difesa del posto di lavoro degli assunti, ma pretende di rappresentare anche tutti gli altri (non iscritti inclusi), che sono ormai la maggioranza, pur ignorandone le esigenze concrete e servendosene a mero scopo propagandistico;
– c’è un giornalismo “assunto” in caduta verticale, un’editoria (cioè quella che in teoria dovrebbe assumere) in crisi irreversibile, una tendenza che da anni indica con chiarezza come il futuro dell’occupazione nel settore possa esistere solo nei contratti a termine e nella libera professione, ma tutti i giornalisti mirano al posto fisso a vita come una volta in ferrovia;
– l’unico settore che, dopo accurata selezione per vocazione e capacità, avrebbe dunque qualche speranza di sopravvivenza professionale sarebbe il lavoro autonomo, il quale è invece spernacchiato, fiscalmente vessato, contrattualmente ignorato, sindacalmente deriso da tutti;
– i compensi e quindi i guadagni del giornalismo “non assunto” sono oggi, in pratica, i più bassi e i meno garantiti in assoluto, degradando spesso nel volontariato o nel passatempo, ma ciononostante una massa di giovani e meno giovani è disposta a lavorare in cambio di nulla, quando in altri campi si rifiutano emolumenti tripli;
– il mondo è pieno di ingegneri che per vivere non fanno gli ingegneri, di medici che non fanno i medici, di avvocati che non fanno gli avvocati, di architetti che non fanno gli architetti ma si trova scandaloso e inaccettabile che ci siano giornalisti (peraltro divenuti tali nel modo descritto sopra, cioè senza aver dimostrato di saper fare nulla) che per vivere non fanno i giornalisti.
Bene, in questo contesto, dopo patetiche schermaglie fatte durare mesi per banale tornaconto di correnti e di schieramenti interni, in gran segreto l’esecutivo dell’Fnsi elabora una piattaforma per il rinnovo del contratto dei giornalisti, che è in scadenza. Un contratto che, inutili codicilli a parte, storicamente non si è mai occupato del lavoro autonomo. Nel calderone contrattuale si fa in qualche modo ricadere, dopo 18 mesi di altrettanto inutili e ridicole picche di potere, anche il nodo del cd equo compenso, un concetto il cui significato si è maliziosamente lasciato travisare nel tempo al solo scopo di rendere il tema strumentale ai contrasti in atto e non, come dovrebbe, alla soluzione dei problemi della categoria.
Il 17 aprile scorso si riunisce a Roma la “commissione contratto” dell’Fnsi e il segretario Siddi con il suo entourage viene più o meno dileggiato da una parte della base al momento di esporre la sua enigmatica piattaforma. Volano paroloni e dissociazioni.
Dopodichè, in perfetto stile e linguaggio sindacalesi, la commissione medesima stila l’immancabile “documento” (a loro dire – e magari ci credono davvero – “durissimo” e pieno di espressioni sindacalmente significativissime: ma purtroppo, aggiungo, aventi sul leviatano e sulla realtà l’effetto di acqua fresca).
Documento del quale, ora, veniamo gratificati.
Nella sua interezza e nella sua disarmante inutilità, lo trovate qui. Si commenta da solo. Insegue petizioni di principio, in uno stanco esercizio. La nave affonda e questi, anche i più arrabbiati, litigano sulla musica da suonare per il ballo. Perchè ciò che conta, o si crede che conti, è il ballo, non la sopravvivenza.
Il paraocchi con il quale tutti, ma proprio tutti, i soggetti coinvolti continuano a guardare alla materia è quindi evidente.
Personalmente me ne sono tirato fuori da un pezzo, ma siccome continuo a essere certo che nel nostro ambiente bazzichino anche persone intelligenti e lungimiranti, persevero nel chiedermi come sia possibile che neppure costoro si avvedano di quanto tutto ciò, oltre che ridicolo, sia patetico e, in sostanza, suicida.