In Italia è di nuovo boom degli album con le immaginette. Non solo dei campioni sportivi, ma di tifosi, allenatori e pulcini. Oggi “esce” quello dell’Ac Siena. E non basta: facendo astutamente leva sulle “microcomunità”, l’industria editoriale ha lanciato il fenomeno delle raccolte dedicate a piccoli comuni, le frazioni, i borghi di mezza Italia. Altro che vintage! Il babbo nostalgico compra e il figlio colleziona. Oppure collezionano tutti e due.

Spesso è difficile capire dove cominci la genialità di un’intuizione e dove la debolezza di chi, dell’intuizione, è oggetto. Ma in fondo è importante scoprirlo?
Che l’amarcord sia una leva a cui i figli del benessere e della società dei consumi sono sensibilissimi è provato, ormai, da almeno due generazioni. Il primo a capirlo, negli anni ’80, fu il furbo Silvio Berlusconi, che sui reduci della canzonetta del dopoguerra e degli anni eroici della Rai, da Sanremo a Canzonissima, costruì una serie di fortunate trasmissioni pomeridiane dedicate all’intrattenimento di una terza età inchiodata, per effetto dei tempi moderni, non più alle proverbiali panchine dei giardinetti ma alla poltrona posta di fronte al tubo catodico.
Ed ecco riemergere dalle nebbie del bianco e nero cantanti dimenticati come Carla Boni, Gino Latilla, Nilla Pizzi e i loro successori Dino, Rosanna Fratello, Jimmy Fontana. Una sindrome che ha allungato i suoi tentacoli fino ad oggi, con “I migliori anni” di Claudio Conti.
La nostalgia, insomma, funziona per chi ha superato gli “anta”.
Tutto questo torna in mente ed anzi spiega uno dei nuovi fenomeni sociali su cui la fiorente e sempre attenta industria del “come eravamo” si è recentemente buttata: quello delle figurine.
Sì, proprio loro. Per chi è cresciuto negli anni ’60, gli album delle figurine (Panini, ovviamente, ma non solo) sono stati un must generazionale. “Campioni dello Sport”, “Calciatori”, ma anche “Armi e soldati”, “Animali”, “Storia”, “Naturama” e cento altre, con annessi e connessi – dalle indimenticabili, avveniristiche celline biadesive per appiccicare la figurina all’album agli scudetti catarifrangenti delle squadre, dalle “valide (e bisvalide, pentavalide, etc) per la raccolta dei premi all’immancabile cèlo, cèlo, manca – hanno segnato l’infanzia dei genitori di oggi.
Ma, attenzione: qui non si parla di vintage, di antiquariato, di mercatini, di fascicoli e scatoloni dispersi in cantina.
Cosa di meglio, oggi che riesumare l’idea della raccolta delle figurine, esasperandone però il potenziale evocativo attraverso un forte rapporto con la comunità locale?
Il tutto mi è venuto in mente dopo la presentazione dell’album “ufficiale” delle figurine 2010/11 presentato l’altro giorno dall’Ac Siena e in edicola da oggi.
L’operazione è diabolica: 332 immaginette (autoadesive: ma chissà che presto non si torni a pennello e coccoina) che, contrariamente a quanto accadeva ai miei tempi, non si limitano però ai giocatori della prima squadra, ma abbracciano tutto lo staff societario (con un certo “culto” per i vertici: quattro gli scatti riservati al presidente Massimo Mezzaroma e tre alla vicepresidente, sua sorella Valentina), le annate, le partite e i giocatori storici, la fotocronaca dell’accesso alla serie A, i tifosi e il settore giovanile dalla Primavera ai Pulcini, allenatori compresi. La motivazione non fa una piega: dare a tutti giocatori del Siena, campioni e bambini, la possibilità di vedersi effigiati ed entrare così, in qualche modo, a far parte della storia della società.
Pensavo, ingenuamente, che fosse un caso isolato o quasi. E ho scoperto invece che l’editore, la milanese Footprint, dal 2004 ad oggi ha sfornato album monografici per Padova, Albinoleffe, Pisa, Sampdoria, Bologna, Livorno, Monza, Catania, Bari e, da quest’anno, oltre al Siena, perfino Juventus, Saint Etienne, Paris Saint Germain e Atletico Bilbao!
Non solo. Un piccolo supplemento di indagine e si apprende che la società ha collaborato finora con “un migliaio di società dilettantistiche e un centinaio di comuni in tutta Italia”.
Si perché, giustamente, il concetto dell’aggregazione cartacea di una “microcomunità”, quale è una squadra di calcio, attraverso album, annuari e almanacchi può essere tranquillamente applicata ad entità non sportive. E quindi via agli “album di paese”, con le figurine che ritraggono tutti gli abitanti, o almeno i più importanti, caratteristici, rappresentativi: dal sindaco al parroco, dal farmacista al dottore, dal barista al barbiere.
Altra ricerchina e si scopre che l’anno scorso perfino il comune in cui vivo, e due circonvicini, hanno fatto realizzare il loro album. Incredibile.
Io però non ci sono. Nessuno mi ha interpellato. Sarà perché non sono abbastanza importante o perché abito in una frazione?
In attesa di scoprirlo mi consolo pensando che, di me, nessuno comunque potrà dire: “cèlo”.