Dall’America ci fanno sapere che anche il glorioso e diffusissimo Newsweek è in crisi e potrebbe chiudere, figuriamoci i giornali di casa nostra. Per prevenire lo tsunami e proteggere tutti i giornalisti dai suoi incontrollabili effetti, bisognerebbe agire subito e profondamente per la riforma della categoria, prima che anche chi si crede al sicuro ne sia travolto. Invece c’è gente che in smoking balla mentre la nave affonda, tipo Titanic. Se nell’Ordine dei Giornalisti non si comincia a cambiare mentalità, siamo tutti fritti. Ecco perchè mi sono candidato, come cane sciolto, alle elezione del 23/5 in Toscana.
Ci dicono (qui) che perfino il prestigioso e diffusissimo settimanale americano Newsweek potrebbe chiudere, a causa della crisi che in tutto il mondo starebbe per travolgere la carta stampata. Sai che novità. E sai che novità sarà quando, per le stesse ragioni, ci diranno che anche l’editoria on line sarà in crisi e che sta per chiudere.
Come giornalista, ritengo che il futuro degli editori non sia una delle mie priorità, visto che davanti agli occhi ho la prospettiva dell’ancora più ravvicinata scomparsa della mia stessa categoria.
E’ un incubo che la logica suggerirebbe fosse condiviso e combattuto da tutti i giornalisti, avvinti collettivamente nelle spire mortali di un destino cinico e baro.
Ma non è così. Molti, troppi non si rendono conto di quello che sta accadendo.
Sia chiaro: non che tutti i cosiddetti contrattualizzati siano delle oche giulive ignare del mondo circostante. Nè che molti di loro, a testa china, non stiano aspettando rassegnati la buriana.
Ma è proprio questo l’errore. In un contesto come quello corrente, l’attesa passiva è suicida. Assistere a una redazione che da dieci passa a otto e poi a cinque effettivi, immersi fino al collo in un lavoro organizzativo routinario in cui la creazione è affidata ad altri che non si hanno nemmeno le forze nè di scegliere nè di controllare, è puro e miope masochismo.
La coesione e la qualità dei collaboratori è la prima garanzia di solidità e di credibilità di una redazione. Restare assediati nella trincea dell’ufficio è l’anticamera della morte.
Non resta molto da fare. E tra le poche cose c’è mandare al consiglio nazionale e in quelli regionali dell’ordine non i soliti mestieranti, ma chi ha idee e competenze per affrontare una situazione drammatica. Garanzie di riuscita? Nessuna. Garanzie di impegno e spirito battagliero di chi venderà cara la pelle? Tante. Nell’interesse di tutti: pubblicisti e professionisti, redattori e collaboratori, precari e aspiranti, uffici stampa e freelance.
E’ questa l’unica ragione per la quale (vedi) mi sono candidato tra i professionisti in Toscana. Fuori da ogni schieramento, da ogni parrocchietta, da ogni corrente, ma convinto di saperne abbastanza da poter dare una mano.
Chi mi conosce sa quanto sia impermeabile alle logiche consociative. E qui, ormai, c’è poco da consociarsi. Bisogna solo agire. Alla svelta. Facendo scelte magari dolorose per rilanciare la professione e la sopravvivvenza di tutti noi.