Eppure mi è successo davvero: ho incontrato un tassista tedesco idiota, ma così idiota, che si è fatto fermare dalla polizia mentre spippolava sul navigatore e, per negligenza, ha fatto sanzionare pure me, il passeggero. Cose (pazzesche) da Prowein…
Che fosse un cretino l’avevo subito capito dall’aria stolida con la quale mi guardava appena uscito dall’aeroporto. Ma, stanco morto dopo un volo che, invece di quattro, era durato dieci ore per via di qualcuno che aveva venduto anche ad altri il mio biglietto, avevo solo voglia di arrivare a destinazione (ancora non sapevo che pure la mia camera era stata venduta a terzi, oltre che a me, ma questa è un’altra storia).
Il Prowein, la fiera vinicola di Dusseldorf, incombeva.
Insomma salgo a bordo sul sedile posteriore, il demente bofonchia un saluto e parte senza neppure chiedermi dove sono diretto.
“Dove vai?“, gli domando in inglese.
Lui blatera qualcosa in tedesco.
Gli chiedo se parla la lingua d’Albione, lui risponde di no.
Bene, per un tassista di una città turistico/fieristica come quella è un buon esordio, penso.
Porgo il biglietto con scritto l’indirizzo e il tipo, mentre cerca di leggere, procede a zig zag per qualche centinaio di metri. Poi, sempre senza fermarsi, comincia a spippolare l’indirizzo sul navigatore. Il tutto proprio davanti a una pattuglia della polizia, che in un batter d’occhio si lancia nel facile inseguimento.
Trenta secondi e ci è addosso, lampeggiante acceso e facce minacciose.
L’orango teutonico arresta la vettura e scende. Il poliziotto gli contesta la manovra e lo multa, sotto i miei occhi stupefatti.
Dopodichè si avvicina al finestrino e mi fa segno di abbassarlo.
“Documenti“, intima.
Sbigottito, glieli porgo.
“Lei è in contravvenzione perchè non ha la cintura di sicurezza allacciata, sono 30 euro“, mi dice (in inglese, almeno lui).
“A parte il fatto che sono appena salito e che, al mio paese, il cliente di un taxi seduto sul sedile posteriore non è obbligato ad allacciarla – contesto io – non crede che sarebbe spettato al conducente avvertirmi della regola e chiedermi di mettere la cintura?“.
“Ha ragione“, mi risponde il poliziotto senza fare una piega, mentre il bovino patentato fissa la scena con l’intensità di una vacca in coma. “Si faccia lasciare il numero di matricola e sporga reclamo presso la compagnia“, aggiunge. “Paga in contanti o carta di credito?“.
Sebbene fumigante d’ira da ogni poro, saldo lanciando sguardi d’odio al tassista, che comunque non si smuove dallo stato vegetativo.
Risaliamo, lui riparte. Procede silenzioso per un po’ evitando di intercettare dallo specchietto i raggi gamma che gli lancio.
Poi, come emergendo dallo sforzo erculeo di chi attinge alle risorse più recondite della propria intelligenza e delle proprie reminiscenze scolastiche rumina un “sorry“.
“Sorry?“, gli rispondo tarantolato.
L’orango ammutolisce.
Arriviamo a destinazione. Scendo. Sbircio il prezzo della corsa. Pago senza profferire verbo.
Forse offeso, l’ominide mi porge la ricevuta e attende che io sia a distanza di sicurezza per evitare reazioni inconsulte. Quindi apre il finestrino e grida “Germany“, forse nel senso che “qui siamo in Germania e le regole si rispettano”.
Seguono mie gesticolazioni mediterranee, un po’ crude, di cui ometto il facilmente intuibile significato.
Comunque, se capitate a Dusseldorf, piuttosto che salire sul taxi 1021 andate a piedi.
Ovunque siate diretti, zoo escluso.