Oggi Jagger compie 70 anni ed è un effluvio, inevitabile, di celebrazioni. Alle quali però non mi unisco. Mick vestito da teenager mi fa la stessa tristezza di Richards pieno di rughe che reclamizzava una griffe. Lasciamo che parlino solo i loro dischi (quelli buoni).

Soundtrack: “Under my thumb” (da “Aftermath, 1966).

Le rockstar che invecchiano mi fanno tristezza (vedi anche qui a proposito del povero mae west , vecchie rockstar , ). Quelle che si atteggiano a giovani, pena.
Il sacro fuoco, la tensione, l’ispirazione, la poesia se ci sono non si simulano. O li si mantiene, o li si perde. Magari cambiano, mutano, si affinano con le diverse stagioni. Spesso è una questione di tempo, ma di un tempo che non scorre uguale per tutti.
Per questo non mi unirò alle celebrazioni per il settantesimo compleanno di Mick Jagger.
Che ha tutto il diritto di diventare un dignitoso anziano ex eroe del r’n’r, ma ne ha molto meno di lucrare su un’età e una gloria perdute.
Sia chiaro, non ce l’ho con lui nè con i Rolling Stones, gruppo che è difficile non amare per ciò che hanno dato e rappresentato non solo in età remote, ma anche fino a vent’anni fa. Poi basta, però.
L’altro giorno rivedevo Ronnie Wood in “The Last Waltz” e poi l’ho rivisto oggi sul palco a fingere di saltellare come un grillo. Una parodia di se stesso. Una grottesca Mae West della chitarra.
Ora, dico: si può benissimo continuare a essere dei grandi musicisti senza giocare a fare i ribelli di vent’anni. O si può saggiamente accettare il nuovo ruolo di monumenti facendosi ricordare per le grandi cose fatte in passato.
Ma che bisogno c’è, se non in virtù della rassegnazione a (e la complicità di) essere pure pedine dello star-system, di recitare da anziani un ruolo che non è più tuo da un quarto di secolo?
Se ne deve trarre una conclusione forse ancora più amara: a essere patetici non sono i membri della Villa Arzilla Rock Band, ma i coglioni che li idolatrano e ne comprano i dischi. Invecchiati e forse rincoglioniti come loro.
Quindi torno accanto al giradischi, metto “Simpathy for the Devil” o “Under my Thumb” e ripenso a Mick con la tuba, alla minigonna di Marianne Faithfull, perfino agli Hell’s Angels di Altamont.
Ma i Mick, i Keith, i Ronnie e i Charlie di oggi no, per favore.
Di loro era quasi meglio Bill Wyman a Sanremo (qui) coi DB Boulevard nel 2004.
Ed è tutto dire…