Tenetevi forte: “Contributo […] per l’accredito stampa € 200 da versare all’atto della prenotazione“. Tanto si legge nell’invito alla premiazione di una nota guida vinicola. Insomma, dovrei pagare per lavorare. Oppure non è un appuntamento di lavoro.

Il rapporto tra i giornalisti e il denaro è notoriamente pessimo.
Un po’ perchè ne sono sempre a corto (e quindi sono avidi), un po’ perchè, il poco che gli è dovuto, spesso non gli viene pagato.
E un po’ perchè, da sempre e ovunque, i giornalisti sono accusati di essere “al soldo” di qualcuno.
Ma ora tutto questo appartiene al passato. La figura del giornalista prezzolato va direttamente nell’album dei ricordi, con la macchina da scrivere e il telefono con il filo.
Da un lato, infatti, si sta affermando il giornalista-masochista (con le varie sottospecie del dilettante, il dopolavorista, il volontario, l’ambizioso, l’aspirante, il coglione) che paga chi gli pubblica gli articoli e addirittura si paga da solo le ritenute d’acconto per accedere all’elenco pubblicisti. Dall’altro – e qui la realtà supera davvero la fantasia – quello di chi paga per partecipare agli eventi-stampa.
Sì, avete letto bene: le cene, le conferenze, le cerimonie alle quali, in tempi normali, i pr avrebbero fatto carte false e ti avrebbero coperto di chiamate e di cortesie pur di averti presente. E dove invece, ora, ti ammettono solo se ti presenti coi quattrini in mano.
Non ci credete?
Leggete quali erano i requisiti “per esserci” ieri sera, all’Hotel Rome Cavalieri di Roma, alla serata di premiazione della nota guida vinicola “Bibenda”: “Ingresso al Salone dei Cavalieri dalle 19:30 fino alle 20:30, ora di inizio della Cena di Gala e dello Spettacolo di Premiazione degli Oscar del Vino 2014. Esclusivamente abito da sera per le signore e smoking per i signori. Contributo per la partecipazione e per l’accredito stampa Euro 200 da versare all’atto della prenotazione“. Segue chiarimento sul versamento in contanti, assegno o bonifico.
Ora, delle due l’una: o si è davvero arrivati al punto che uno deve pagare per lavorare, oppure quella non era una serata di lavoro, ma un normale evento mondano, per partecipare al quale si paga una quota.
Ma mettere l’accredito stampa a pagamento (e a che cifra, oltretutto, chiamata eufemisticamente “contributo”) è una cosa davvero grottesca.
Si torna alla vecchia massima di quando chiedevano di pagare l’accredito al Merano Wine Festival (qui): “Libertà di stampa? Pagare il biglietto“. Così verso l’obolo, vado, osservo come un qualsiasi avventore e poi casomai scrivo, senza i salamelecchi e il fiato addosso dell’addetto stampa.
L’incredibile è che agli organizzatori nessuno abbia fatto notare l’autogol.
Sarebbe bastato mettere una quota per tutti, senza specificare, risparmiandosi l’imbarazzo di dover respingere agli ingressi la stampa non pecuniamunita.
Mah!