di LORENZO COLOMBO
Dal Bondola all’Himbertscha. E poi il dove, il come, il quanto e il quando del vino svizzero. Spiega tutto Ellen Wallace in “Vineglorious”, il suo recentissimo libro.

Da Aligoté a Zinfandel, sono una cinquantina i vitigni coltivati in Svizzera e descritti nel bel libro di Ellen Wallace – giornalista americana trapiantata da anni in Svizzera – “Vineglorious”, in vendita dal 1° settembre (24 chf compresa spedizione, 144 pagine, www.ellen-books.com) e presentato ufficialmente lo scorso 6 settembre, a Sierre, durante “Le Salon des Vins Swisses”.

Alcuni di questi vitigni sono straconosciuti e parecchio coltivati, mentre di altri sia la conoscenza che la diffusione sono è assai limitate. E’ il caso ad esempio dell’Altesse, il secondo vitigno descritto, dopo il più popolare Aligotè. Presente unicamente nel Vallese, nel 2013 contava una superficie vitata di poco superiore ai 3.000 mq ed una produzione di circa 3.700 litri di vino.
Ma questo libro “il primo, sui vini svizzeri, scritto in inglese, da oltre vent’anni”, come si dice qui, non si limita certo a descrivere i vitigni coltivati nel paese di Guglielmo Tell, ma fa una disamina assai completa delle viticoltura del paese, arricchita con molte fotografie, scattate sempre dalla Wallace, che si dimostra profonda conoscitrice della materia.
Abbiamo avuto il piacere di poter visionare in anteprima questo volume in formato 20 x 18 cm in occasione del Mondial des Pinots, che si è svolto dal 15 al 17 agosto a Sierre, e lo abbiamo trovato assai completo, con una miriade d’informazioni difficilmente reperibili altrove, un libro che svela un mondo sulla poco conosciuta viticoltura svizzera.
I vari capitoli prendono in considerazione tutti gli aspetti della produzione del vino in Svizzera, ad esempio in “A land of extremes” viene analizzata la complessità del territorio elvetico, che seppur con un’estensione assai ridotta – poco oltre 41 mila kmq – presenta variabilità per l’appunto estreme: montagne elevate, ghiacciai, fiumi – a partire dall’importantissimo (per la viticoltura) Rodano, una moltitudine di laghi, foreste etc.
Questo fa si che, seppur con una superficie vitata assai limitata – circa 15.000 ettari, ovvero meno dell’estensione del solo Chianti Docg – si possano produrre una notevole quantità di vini assai diversi tra loro.
In “Friends and enemies, saints and sinners” si ripercorre la storia della Svizzera durante i secoli, analizzata attraverso il vino e ben differenziata tra le diverse regioni storiche (cantoni). Questo capitolo ci permette di capire il “perché” ed il “come” si sia giunti all’attuale situazione vitivinicola.
Grapes galore”: capitolo dedicato al patrimonio viticolo svizzero, ed alla sua diffusione nelle diverse regioni.
A proposito di regioni viticole, ricordiamo che sono sei: Vallese (33%), Vaud (25%), Ginevra (9%) e Regione dei tre laghi (7%) situate nella Svizzera francofona; Svizzera tedesca (18%) e Ticino (8%).
Silence! Vines grooving”: qui si entra nel vigneto e nei metodi produttivi; viticoltura organica, biodinamica, diverse visioni moderne e tradizionali della coltivazione della vite, biodiversità, flora e fauna etc.
Clinck! a toast to commerce”: infine dove si beveva (e si beve) il vino svizzero? Chi lo consuma(va)?
In effetti è abbastanza raro trovare vini svizzeri fuori dai confini della nazione.
I motivi sono molteplici, in primis la limitata produzione (circa 1 milione d’ettolitri, quasi tutti praticamente consumati in loco), mentre il consumo s’attesta sui 2,7 milioni d’ettolitri/anno. In pratica s’esportano circa 1,7 milioni di litri a fronte di un’importazione di 170 milioni di litri, con un rapporto 1/100.
Altro scoglio non secondario è dato dal prezzo piuttosto elevato (secondo i nostri standard) dei vini svizzeri.
In ultimo eccovi alcuni nomi di vitigni rari ivi descritti. Iniziamo da quelli a bacca rossa: Bondola (circa 15 ettari nel Ticino), Diolinoir (risultato di un incrocio tra robin nero e pinot nero; ce ne sono circa 80 ettari, 60 dei quali nel Vallese), Eyholzer Roter (prende il nome da Eyholz, una frazione di Visp), Gamaret (incrocio di gamay e reichensteiner – quest‘ultimo vitigno bianco tedesco – ce ne sono circa 270 ettari), Garanoir (incrocio tra gamay e reichensteiner, circa 140 ettari), Servagnin (selezione di Pinot noir nella regione di Morgienne, nel Vaud).
Ed ecco quelli a bacca bianca: Completer (considerato una rarità è prodotto da solo una decina di produttori su una superficie di pochi ettari), Doral (incrocio tra chasselas e chardonnay, ce ne sono meno di 8 ettari), Freisamer (vitigno tedesco ottenuto dall’incrocio tra Sylvaner e Pinot grigio), Gouais blanc (antico vitigno, già segnalato nel medioevo), Himbertscha (salvato in extremis dall’estinzione negli anni ’70, ad opera di Josef-Marie Chanton, produttore a Viège, che ha individuato alcune viti in antichi vigneti del Visperterminen), Lafnetsch (è una varietà rarissima coltivata sulle ripidissime pendenze di Visperterminen, considerate tra le piú alte d’Europa), Nobling (ottenuto in Germania incrociando Sylvaner con Gutedel, ovvero Chasselas), Païen (nome locale del Savagnin blanc), Räuscling (una volta questo vitigno era coltivato in tutta la Svizzera tedesca, poi è stato progressivamente abbandonato a causa delle sue forti irregolarità nella produzione. Ora viene coltivato su 22 ha, principalmente nella vallata della Limmat e nella regione del lago di Zurigo), Rèze (vecchio vitigno oramai quasi scomparso, coltivata solo nelle vigne di Visp, serve in particolare alla produzione del «Vin des Glaciers», da affinamento ossidativi in botti di larice, della Valle D’Anniviers).
Siamo riusciti ad incuriosirvi?
In conclusione si tratta di un gran bel libro, consigliato vivamente a tutti gli appassionati ed a coloro che vogliono scoprire la viticoltura ed i vini di questa nazione così vicina a noi; come accennavamo all’inizio, il libro è “purtroppo” disponibile unicamente in lingua inglese, non dovrebbe essere un problema insormontabile, speriamo comunque (ma non ci contiamo troppo) in una sua traduzione in italiano.

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