di KYLE PHILLIPS.
Qualcuno ha ancora dei dubbi sul fatto che “non ci sono più le mezze stagioni” e che il cambiamento climatico incide pesantemente anche sulla produzione del vino? Con il consueto acume Kyle lo dimostra. E ce lo racconta.
Nel 1997 andai a Riecine per parlare con Sean O’Callaghan, rimanendo molto colpito dai vini che faceva con John Dunkley, in particolar modo il Chianti Classico Riserva 1994 (la mia intervista è si trova qui. Nessuno di noi poteva immaginarsi che il 1997 avrebbe segnato una svolta: infatti é sempre più evidente che a partire da quell’annata l’andamento climatico in Chianti Classico é cambiato.
Prima di allora, ricorda Sean, l’estate generalmente si rompeva a metà agosto, con una settimana di piogge non forti, seguita da temperature calde ma non più come prima, che permettevano all’uva di maturare fra settembre e ottobre. A qual punto cominciava la raccolta, che proseguiva anche fino a novembre. Sean aspettava la maturazione fenolica (maturità dei tannini e gli altri componenti responsabili per le caratteristiche del vino), che solitamente avviene dopo la maturazione zuccherina. Se il tempo reggeva l’uva arrivava a maturazione fenolica, mentre se cominciava a piovere dovevano raccogliere prima. Arrivare a 12 gradi era uno sforzo, mentre problemi derivanti dalla mancanza dell’acidità (e la freschezza che comporta) erano sconosciuti.
Il 1997 fu la prima annata veramente calda, con temperature torride ininterrotte fino a settembre. Anziché le piogge a cui erano abituati ebbero temporali fortissimi seguiti dal sole come prima. L’effetto del nuovo andamento climatico sulle viti fu drammatico: la maturazione si arrestò, ricominciando soltanto quando le temperature cominciarono a calare dopo metà settembre.
Sean osservò che arrivava anche la maturazione polifenolica, ma con contenuti zuccherini che comportavano gradazioni superiori (14-15°). Il PH sale e l’acidità scende e a causa di questo il vino é meno stabile e piú soggetto al Brettanomyces, un’alterazione decisamente nefasta.
I vini post-1997 tendono ad essere piu ricchi e piú maturi, pur con alcune eccezioni – il 1998 per esempio era piú fresco e Sean lo preferisce al 1997 – e hanno richiesto una rivisitazione delle tecniche enologiche durata qualche anno. I risultati sono vini “in grado di competere con la roba scurissima proveniente dalle altre parti del mondo.” E la rivisitazione prosegue; nel 2009 Sean ha deciso di affrontare il problema dell’alcool in eccesso, lasciando più grappoli sulle viti in modo che le piante distribuiscano lo zucchero in un maggior volume di polpa, riducendo così la concentrazione zuccherina. Ha anche operato una defoliazione minore, proteggendo così le uve dalla luce solare. A settembre hanno fatto un primo passaggio in vigna, raccogliendo il terzo meno promettente dei grappoli con cui fare un rosato, mentre i grappoli restanti sono arrivati a maturazione completa.
La differenza fra le annate 2008 e 2009 é evidente. Il Chianti Classico 2008, da una vendemmia calda (e tale che non ha fatto il Chianti Classico Riserva, e soltanto pochissimo Gioa di Riecine), presenta note di rovo e frutta selvatica al naso, mentre al palato é abbastanza leggero con frutto maturo ed un tocco di sovramaturazione che porta ad una sensazione di morbidezza, mentre i tannini hanno un tocco di ruvidezza, caratteristica che continua nel finale. L’ho trovato indeciso, sul filo fra maturazione e sovramaturazione, un pochino come un funambolo su una corda che si muove. Circa 14 gradi.
L’annata 2009 è stata piú fresca, e cosí Sean ha potuto lasciare una percentuale maggiore di uva sulle viti a settembre, proteggendo tutto comunque con le foglie. Il vino (un campione di botte) é un bel rubino carico con bella finezza al naso, e aromi di frutti selvatici e spezie con accenti floreali e viole. E’ molto piú fresco del 2008 e piú vivace, tenendo conto anche della sua maggiore giovinezza. La solita freschezza e vitalità traspare anche sul palato, con una acidità non presente nel 2008. Frutto più fresco, e tannini che sembrano piú morbidi perché bilanciati dall’acidità. In breve, una ventata di freschezza che varrà la pena di cercare. Circa 13 gradi.
Questo giugno, mentre parlavamo e degustavamo guardando il vigneto appena sotto gli edifici dell’azienda (piantato ad alberello, che a Sean piace perché non ci sono fili metallici, sebbene dato il modo con cui cresce il Sangiovese le operazioni in vigna sono più complesse), Sean mi ha detto che il ciclo vegetativo era in anticipo di circa 3 settimane. Se verranno temperature piú miti, o stress idrico il ciclo rallenterà, ma per adesso é in anticipo.
Guardando al futuro, Sean ritiene che i vignaioli chiantigiani (e altrove, aggiungerei) dovranno capire come lavorare con le temperature più elevate, rivedendo tecniche colturali e anche enologiche per controbatterle.
Lui, come ho detto, lascia un maggior numero di grappoli sulle vigne per ridurre la concentrazione zuccherina, ne raccoglie una parte in anticipo, e porta il resto a maturazione completa. Il suo rosato fresco é una cosa molto positiva (in passato lo ha fatto col metodo del salasso, ottenendo un vino di 14 gradi), mentre sta anche pensando di raccogliere una parte del Sangiovese ancora piú anticipatamente per farne delle bollicine, un Blanc de Noirs.
Vi sono ormai pochi dubbi che il clima stia cambiando, e sarà molto interessante vedere cosa faranno i produttori per compensare. Credo che Sean abbia imboccato una buona strada.
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