di LORENZO COLOMBO
L‘Igt Vigneti delle Dolomiti “El Zeremia” 2017 nasce da una vigna ultracentenaria di appena 0,2 ettari piantata a Groppello di Revò, un antico vitigno autoctono di cui restano in tutto appena 12 ettari. Il vino? Cerebrale!
Augusto Zadra, detto El Zeremia, è stato un personaggio decisamente fuori dal comune, basti pensare che ha messo a dimora il primo bananeto della Val di Non.
El Zeremia, nei suoi due ettari di vigneto, si era invece focalizzato sul Groppello di Revò un vitigno locale praticamente scomparso, che voleva far conoscere in tutto il mondo.
Ma purtroppo se n’è andato nel settembre del 2013 ed ha fatto solamente in tempo a veder realizzata la sua cantina ed assaggiare il primo vino, frutto dell’annata 2011.
La sua eredità è stata presa dal figlio Lorenzo, coadiuvato dalla giovane enologa Erika Pedrini (figlia di Domenico, uno dei tre fondatori dell’azienda Pravis).
Anche Lorenzo a quanto pare non ha scelto la strada più facile e nel 2018 ha messo a dimora un altro antico vitigno a rischio di estinzione, il Maor, detto anche Groppello bianco.
Quattro i vini prodotti in tutto, per un totale di 7.000 bottiglie, due dei quali da Groppello di Revò: uno giovane, vinificato in acciaio, e l’altro affinato in barriques per dodici mesi. Le uve per quest’ultimo provengono da un vigneto ultracentenario, con vini ancora non innestate. Gli altri due vini sono prodotti con uve Johanniter , un vitigno appartenente ai PiWI, ossia non soggetto alle malattie fungine, un vino bianco fermo ed uno spumante Metodo Classico.
Il Groppello di Revò, a lungo confuso con i vari Groppello della sponda bresciana del Garda, è stato recentemente riconosciuto come vitigno a se stante ed è stato inserito nel Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite nel maggio 2004: unico elemento in comune con gli altri Groppello, la compattezza del grappolo. Contrariamente alla maggior parte delle varietà autoctone trentine, generalmente allevate a pergola, per questo vitigno si è sempre utilizzato il filare.
Il nome deriva dal paese di Revò, frazione del comune di Novella. Il vitigno è autorizzato nella produzione di tre vini ad Igt del Trentino, la sua superficie vitata nel 2010 risultava essere di 12 ettari, mentre la produzione vivaistica di barbatelle ha raggiunto un picco di 6.000 unità nel 2008 per poi affievolirsi (nel 2018 se ne sono prodotte 360 unità).
Vitigno antico, la cui presenza è attestata già nel ‘500, durante il periodo di appartenenza del Trentino al Sacro Romano Impero, la sua produzione era arrivata ai 50 mila ettolitri, mentre ora se ne producono che 200 ettolitri, ad opera di un piccolo gruppo di produttori tra i quali appunto l’Azienda El Zeremia, che è stata la principale artefice della su riscoperta.
Tra le cause della quasi scomparsa del vitigno sono da annoverare certamente il flagello della fillossera e il sopravvento preaso dalla frutticoltura sulla viticoltura.
L’Igt Vigneti delle Dolomiti “el Zeremia” 2017 nasce da un vigneto di 0,2 ettari situato sulle sponde del Lago di santa Giustina, in località Sperdossi di Revò, a 700 metri d’altitudine e con elevata pendenza, su suolo sabbioso di natura calcarea. Le viti, allevate a Guyot ed esposte a sud-est, hanno un’età variabile dai 100 ai 120 anni e danno una resa di 30-40 q.li/ha. La vendemmia avviene nella prima decade di ottobre. La vinificazione, in vasche d’acciaio, prevede una macerazione per due settimane, mentre l’affinamento s’effettua in barriques nuove per 12 mesi.
Non è un vino di facile approccio, manca di quella morbidezza, di quella ruffianeria e di quella neutralità accattivante gradita al grande pubblico, soprattutto ai consumatori che nel vino vedono unicamente un effimero piacere. Va invece e innanzitutto assaporato con la testa.
Il colore è granato trasparente, mediamente intenso.
Nessuna esplosività al naso, i sentori sono di frutta rossa selvatica, con note terrose di sottobosco umido, cuoio, ricordi d’erbe aromatiche, leggeri accenni speziati e vanigliati ricordano che è stato affinato in barriques.
Asciutto al palato, mediamente strutturato, quasi esile, nuovamente cogliamo le sue note selvatiche, il tannino ruspante, accenni di caffè e di pepe, la vaniglia ed il legno si colgono meglio che al naso, probabilmente necessiterebbe di più tempo per armonizzarsi meglio.
Un vino che, piaccia o meno, non passa certo inosservato.
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