di STEFANO TESI
Dove c’erano la curva e la valanga ora ci sono i formaggi. Ecco la storia di un’invenzione casearia avvenuta quasi per caso, il cui merito va diviso a metà tra chi ha avuto l’idea e chi ha fatto spazio. Cioè gli spalaneve.
In quel punto c’erano una maledetta gola, un maledetto canalone e una maledetta curva, dove d’inverno ogni maledetta settimana cadeva una maledetta slavina che bloccava la strada a noi, benedetti turisti, costringendoci a ore di maledetta attesa.
Poi rettificarono la strada, coprirono tutto con un tunnel antivalanga lungo undici chilometri e di quel punto maledetto, bypassato dalla nuova strada e trasformato in un hangar per i mezzi spalaneve, per trent’anni nessuno si ricordò più.
Tranne alcuni: il sindaco, i responsabili della manutenzione della strada (alias stradini comunali), i nostalgici come il sottoscritto. E, per ultimo, Marco Faccinelli, il direttore della Latteria di Livigno.
Anni fa Faccinelli cercava disperatamente un posto per stoccare alcune migliaia di forme dell’ottimo formaggio livignasco destinato alla stagionatura e prodotto dalla cooperativa locale, la Latteria appunto. La coop è una specie di uovo di Colombo venuto in mente tempo fa agli allevatori del Piccolo Tibet per cercare di trasformare e vendere in loco una produzione lattiera e casearia altrimenti destinata ad affrontare, con poca fortuna, le procelle di un mercato globale e lontano. Operazione riuscita, visto che oggi la cooperativa lavora a pieno ritmo e piazza in loco l’80% del latte valligiano e della produzione derivata.
Insomma il Faccinelli, uomo di poche parole ma di lunghe vedute, cercava un locale adatto per immagazzinare il formaggio.
Impresa non facile in un paese dove non esistono cavità naturali praticabili, dove tutto, baite comprese, è stato trasformato in abitazioni, hotel, negozi, ristoranti e dove il clima (Livigno è il paese più freddo d’Italia, con il record di -42°) gioca un ruolo fondamentale.
Poi gli si accese la lampadina: il garage degli spazzaneve!
Seguì breve e confortante sopralluogo: spazio sufficiente e arioso, comune disponibile a un affitto ragionevole, temperatura costante tutto l’anno, tasso d’umidità pure, con il fianco della montagna che d’estate fa trasudare l’acqua dalla roccia. Alla corrente elettrica si poteva provvedere con un generatore. Defilato il giusto e con un silenzio di tomba. E pazienza se ogni tanto qualche coppietta si ringuatta davanti all’ingresso: gli hanno messo pure il cestino per i rifiuti e un cartello che invita gli indaffarati ospiti a usarlo.
Ma il bello doveva ancora venire.
Perché solo l’esperienza dello stoccaggio in quel singolare antro (semi)artificiale dimostrò che il posto era così adatto alla bisogna da essere in grado di dar vita a un prodotto diverso dai due, pur ottimi formaggi-base della cooperativa: il Latteria Livigno (a base di latte semicrudo con 4/6 mesi di stagionatura) e il Granlivigno (da 12 a 24 mesi di stagionatura).
Nacque così il Livigno Grotta, ricavato stavolta solo da latte intero crudo e lasciato stagionare dagli 8 ai 12 mesi.
Per forma e peso simile agli altri (diametro 35 cm, scalco 8, peso 8 kg), se ne differenzia nettamente per il colore e la consistenza della buccia, che secondo la stagionatura va dal grigio cenere al rossiccio, e il colore della pasta, di un giallo paglierino spento vagamente ambrato in ragione del tempo e dell’epoca della mungitura.
Al tatto la pasta è soda, ma abbastanza asciutta, morbida, molto compatta, con un’occhiatura piuttosto fitta.
Al palato ha un profumo fragrante, di latte e di erbe, molto delicato e intenso, cangiante nei sentori ma non aggressivo e con una piacevole coda aromatica.
In bocca è pastoso, ampio e godibile, di media consistenza al morso, con un sapore deciso, persistente, progressivo e pur tuttavia non saturante, con una nettissima nota residua finale di latte che ne ingentilisce e ne amplifica il gusto.
I produttori lo consigliano, senza sbagliare, in un sempice ma efficacissimo abbinamento al pane di segale locale. Quello vero però, aggiungo io, il tipo schiacciato, più tenace e lungo alla masticazione, con certe eco ruvide e speziate che si sposano alla perfezione con la progressività e l’armonicità del sapore di questo formaggio.
Consigliano anche di berlo con lo Sfursat. A me pare un suggerimento corretto ma un po’ di maniera, accademico. Personalmente ho trovato il “Grotta” assai più valorizzato da un gotto di vino più asciutto e nervoso, come certi Inferno e certi Sassella, dove la sobrietà della Chiavennasca non invade la natura verace e montanara del formaggio made in Livigno.
Latteria di Livigno
Via Pemont 911
Livigno (SO)
Tel. 0342 970432
www.latterialivigno.it
Pubblicato in contemporanea su: