di ANDREA PETRINI
L’annata 2018 di Barolo e Barbaresco della celebre cantina di Alba riflette alla perfezione lo stile aziendale e le caratteristiche climatiche del millesimo.
Se parliamo di Langhe, Pio Cesare è una delle prime realtà vitivinicole di qualità che un appassionato può nominare. L’azienda nasce nel 1881 ad opera del fondatore, Cesare di nome e Pio di cognome. E ancora oggi, ad Alba, rimane l’unica cantina operativa nel centro della città. Non solo: dopo oltre 140 anni Pio Cesare è ancora un’impresa saldamente familiare e, dopo la prematura morte di Pio Boffa avvenuta lo scorso anno, oggi le redini dell’azienda sono nelle mani della quinta generazione, ovvero della ventitreenne Federica Rosy, sua figlia, e dal nipote Cesare Benvenuto, che già da tempo lavorava in Pio Cesare.
Parlando con Federica a latere della presentazione romana dell’ultima annata del Barolo e del Barbaresco si capisce subito come la ragazza abbia già le idee molto chiare: “Siamo proprietari di 75 ettari di vigneti in posizioni di grande pregio nelle Langhe e il nostro obiettivo è rispettarli nella loro singolarità ma rappresentandoli nel loro insieme, fondendo cioè le caratteristiche di ciascuna. Questo ci consente di produrre vini veramente completi, fedeli allo stile dell’intera appellazione del Barolo e Barbaresco. È questa, da sempre, la nostra firma. Che si rivela anche nell’annata 2018, una vendemmia di grande qualità: una delle annate più vicine al concetto di tradizione e classicità del Barolo degli ultimi decenni. Sono proprio queste le due parole chiave dello stile Pio Cesare”.
L’inverno freddo e nevoso ha reintegrato le riserve idriche del suolo, poi buone precipitazioni primaverili e un’estate stabile, senza eccessi di calore. Un autunno soleggiato con escursioni termiche notturne ha accompagnato lentamente la maturazione dell’uva fino al livello ottimale e alla raccolta dell’ultimo grappolo. “Alla natura non si poteva chiedere di più”, sorride Federica.
Le uve di Nebbiolo sono state raccolte a mano tra il 5 e il 13 ottobre e hanno raggiunto la cantina. Qui i grappoli delle diverse parcelle vengono assemblati prima della fermentazione, secondo la “ricetta” di famiglia, e poi iniziano il percorso di vinificazione.
“Dopo macerazioni sulle bucce per almeno 30 giorni a temperature controllate, inizia il processo di affinamento che dura per circa 3 anni, di cui almeno 24 mesi in botte grande di rovere francese e dell’Est Europa, con un piccolo passaggio in barrique soltanto nei primi 12 mesi. Seguono poi 9 mesi di riposo in bottiglia”, spiegano. “Dedichiamo al nostro Barbaresco lo stesso periodo di affinamento del Barolo, ovvero un anno in più rispetto al minimo richiesto dal disciplinare, sia perché entrambi questi vini sono figli dello stesso vitigno, il Nebbiolo, sia perché, provenendo principalmente dal comune di Treiso e dalla vigna Il Bricco di Treiso, caratterizzata da un’altitudine elevata e da un clima più fresco, il nostro Barbaresco ha bisogno di più tempo affinché i tannini si possano ammorbidire ed il vino possa raggiungere l’equilibrio tra acidità e frutto”.
Degustando il Barbaresco 2018 si percepisce, nonostante la sua giovane età, la precisione stilistica dell’azienda, che si ritrova in un olfatto strepitoso di ribes e melograno destinato poi a lasciare spazio alla viola e alla rosa. Al gusto esprime tutta la sua classe e l’equilibrio dei migliori; ha proporzione, misura e finezza tannica e, in chiusura, mostra una lunga scia di piccoli frutti rossi leggermente maturi.
Il Barolo 2018, elegante ed austero, sfoggia un impianto olfattivo articolato di grande finezza e complessità; complesse note sapide e fruttate lasciano spazio a sentori quasi salmastri intrecciati a note di mora di rovo, ciliegia, viola appassita, genziana e sbuffi speziati. Il sorso ha già una buona beva, più dinamico che massiccio, con grana tannica solida ma fine, in un contesto di rara piacevolezza per un Barolo appena uscito sul mercato.
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