di CARLO MACCHI
E’ un’uva a bacca bianca, che sa di pesca e albicocca e di cui si conosce poco, ma che nella penisola ellenica è sempre più diffusa. Dà un vino aromatico, anche in versione passita. Ecco la top 3 dei nostri assaggi.
Incontrare un vitigno che non conosci è sempre una scoperta, se poi viene dalla Grecia è ancora più intrigante e infine se il solito impagabile Haris Papandreou te ne propone quindici campioni in assaggio il cerchio si chiude e, naturalmente si apre la degustazione nella sede di Winesurf.
Il vitigno in questione è la Malagousia, uva riscoperta negli anni ’70 del secolo scorso nella regione di Nafpaktia e per questo chiamata spesso la Cenerentola dei vini greci.
Non ci sono molte notizie su quest’uva: pare che a inizio del secolo scorso venisse apprezzata anche per la buona produttività ma che nel tempo fosse stata sostituita da coltivazioni irrigue molto più redditizie. Comunque Vangelis Gerovassiliou assaggiò l’uva, spinto dal suo professore di enologia, e rimase sorpreso dalle sue caratteristiche, decidendo di vinificarla prima nella cantina Porto Carras e successivamente nella sua. Questo lo ha portato ad essere chiamato “il padre della Malagousia” ma soprattutto ad essere stato il primo a produrla e venderla, subito seguito da un buon numero di produttori greci.
La riscoperta di questo vitigno ha portato infatti a (ri)piantarla in molte zone della Grecia (dalla Macedonia alla Tessaglia alla Grecia Centrale) con climi anche molto diversi tra loro. Siamo di fronte ad un vitigno a bacca bianca, dal grappolo piuttosto esteso, che esprime intense aromaticità, specie su note floreali ma anche su sentori di pesca e albicocca. L’acidità non è altissima ma una vendemmia abbastanza precoce gli permette di conservare una sufficiente freschezza. Al contrario di tanti vini bianchi non si percepiscono, anche da campioni di zone diverse, note estremamente sapide o saline. Sicuramente dà il meglio di sé nei primi due o tre anni di vita e quasi sempre viene vinificata in acciaio a temperatura controllata e messa in commercio giovane. Qualche produttore ha provato anche a vinificarla parzialmente o totalmente in legno con risultati interessanti. Molto interessanti sono anche le poche versioni passite dove i sentori di albicocca matura sono quasi inebrianti.
Se volessimo allestire un podio dei quindici campioni degustati il podio virtuale potrebbe essere composto (in ordine sparso) dal Mikrokosmos 2022 di Zafeirakis, con profumi fini che puntano sull’agrume e dalla netta verticalità, dalla Malagousia 2023 elegante e persistente di Tsikrikonis e dalla Malagousia 2023 di Vangelis Gerovassiliou, con particolari note fumé che affiancano quelle floreali e un corpo di giusta ampiezza.
In generale sono vini che ancora credo paghino la giovinezza di tanti impianti e forse rese un po’ troppo alte dovute anche ad un mercato nazionale che lo richiede sempre più. Sono convinto che tra sei o sette anni potremo trovare delle Malagousia più piene senza rinunciare alla caratteristica principale che è appunto l’aromaticità.
Dimostrano comunque ancora una volta che il vino greco combatte alla pari con i prodotti di qualsiasi altra nazione e che le moderne forme di vinificazione sono oramai ben assimilate e comprese a ogni livello.
Dal punto di vista dell’importazione non siamo messi benissimo ma si possono ordinare direttamente in Grecia su vari siti. I prezzi vanno dai 10 o 11 ai 24 o 25 euro per le selezioni più importanti. La media è comunque attorno ai 15 e sono sicuramente soldi ben spesi, specie se ci mettiamo il fattore novità.
(Foto di Victoria da Pixabay)
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