di ANDREA PETRINI
Benito Favaro è una delle aziende produttrici “cult” di Erbaluce di Caluso, docg spalmata tra Torino, Biella e Vercelli. Una verticale 2009-2015 del “13 Mesi”, fatto per il 70% in acciaio e cemento e per il 30% in barrique, rivela che questo vino più invecchia e meglio è.
Parlare di vino del Canavese non è assolutamente facile. Sia a causa di una comunicazione che solo da poco sta decollando sia, soprattutto per i vini bianchi, a causa di una qualità media altalenante che spesso non riesce a mantenere il passo di una concorrenza sempre più agguerrita anche a livello regionale. Eppure, le potenzialità per produrre grandissimi vini ci sono: qui la viticoltura si pratica fin dai tempi dei Salassi, popolo di origine celtica che, come ci tramanda Plinio, conservavano già al tempo il vino in botti di legno.
Ma dove siamo esattamente? Il Canavese è una vasta area che si estende tra laghi, castelli, borghi antichi e boschi fatati, nel nord e nord-est della provincia di Torino, fino alla Valle D’Aosta, comprendendo anche una piccola parte delle provincie di Biella e di Vercelli. Caratteristica fondamentale di questo territorio è l’anfiteatro morenico di Ivrea, risalente al Quaternario, creato durante le glaciazioni dal trasporto dei sedimenti del grande ghiacciaio balteo che, dall’attuale Svizzera, scendeva fino all’attuale area canavesana di vinificazione, caratterizzata da un microclima mite, protetto dalle colline ed equilibrato dalla presenza di numerosi laghi, con terreni poveri di azoto, ricchi di potassio e fosforo e con un ph quasi sempre sub-acido.
Nel Canavese, e in particolar modo sulle colline di Piverone, cuore dell’areale di produzione di Caluso, dove il vitigno erbaluce è il re della DOCG Erbaluce di Caluso, nel 1992 nasce quella che oggi è per me una delle aziende-faro di tutta la denominazione: Benito Favaro .
Il signor Benito, così come racconta suo figlio Camillo, oggi alle redini dell’azienda di famiglia, è un pre-pensionato Olivetti che da sempre ha avuto la passione per il vino del suo territorio e così, a 52 anni, è tornato nel suo paese natale, Piverone, con l’intenzione di acquistare vigne solo ed esclusivamente nelle zone più vocate ovvero in quelle che da giovane gli avevano indicato i vecchi del posto e da cui, senza alcun dubbio, proveniva il vino più buono. La scelta della zona fu abbastanza facile: il neo vignaiolo Benito Favaro scelse senza ombra di dubbio la zona de “Le Chiusure” i cui terreni, circa un ettaro diviso in sette parcelle, furono al tempo quasi regalati visto che, racconta sempre Camillo, la spesa maggiore fu quella per il notaio visto che si dovevano stipulare otto atti notarili.
Le prime vinificazioni, sperimentali, sono avvenute nel 1996 e 1997 mentre la prima annata uscita in commercio, parliamo sempre di pochissime bottiglie, è stata la 1998. Racconta Camillo:”A quei tempi cercavi di far assaggiare l’Erbaluce, lo regalavi anche, ma non te lo ricompravano per due motivi: c’era, e c’è forse ancora, un retaggio di Erbaluce di cantine sociali che davano vita a prodotti di poca qualità per cui, anche se il nostro vino era forse migliore, i potenziali clienti spesso non lo volevano nemmeno assaggiare. Il secondo motivo era che il vino era acido, tanto acido, e in quegli anni la moda era quella dei vini bianchi morbidi e legnosi. L’Erbaluce, come caratteristiche intrinseche, non ha nulla di tutto ciò visto che è duro come il ferro e ha una acidità fissa molto molto alta”.
I primi anni, perciò, oltre ad essere stati difficili a livello di vendite sono stati complicati anche per ciò che concerne la filosofia di produzione visto che, racconta sempre Camillo, all’inizio si cercava di produrre qualcosa di decente ispirandosi al vino di qualche amico produttore e ai protocolli di un enologo, che è ancora lo stesso, i quali venivano seguiti pedissequamente dai Favaro che al tempo poco o nulla sapevano di vinificazione.
Col tempo e la relativa esperienza Benito e Camillo, che dal 2007 lavora è il deus ex machina della sua azienda, hanno capito che si poteva dar vita ad un Erbaluce di Caluso di grande qualità grazie ad una maggiore attenzione in vigna (abbassamento drastico delle rese per ettaro) ed evitando sovrastrutture enologiche e così, anche grazie ad una moda che pian pian ha virato verso i vini più acidi e meno rotondi, hanno cominciato a vendere sempre più bottiglie, diventando oggi come oggi una delle aziende “cult” in Italia soprattutto se, come accade al sottoscritto, si ama bere grandi vini bianchi con qualche anno sulle spalle.
I Favaro producono due tipologie di Erbaluce: Le Chiusure, forse il vino più famoso, che fa solo acciaio e il 13 Mesi che, a differenza del precedente, dall’annata 2010 è composto da un 70% di Erbaluce che fermenta in acciaio e successivamente affina in vasche di cemento non vetrificato da 7hl senza subire in alcun modo bâtonnage. Il restante 30% fermenta in legno e viene successivamente affinato in barriques di rovere francese, mai di primo passaggio dove subisce, se necessario, pochi interventi di bâtonnage. Le due parti vengono assemblate dopo 12/13 mesi di affinamento e imbottigliate dopo 1 mese.
Con Camillo, giunto appositamente a Roma, abbiamo organizzato al Sorì una verticale storica del 13 Mesi. Vediamo come è andata?
Benito Favaro – Erbaluce di Caluso DOCG “13 Mesi” 2017: annata segnata da germogliamento precoce, gelata a fine aprile che ha ridotto del 35% la produzione e siccità nei mesi di luglio e agosto. Vendemmia iniziata il 2 settembre.
Ha solo due anni, si sente nettamente la gioventù di questo erbaluce estremamente vivo e scalpitante che sa di artemisia, sambuco, agrumi salati, erbe campestri e pesca. Bisogna berlo e riberlo per comprendere come l’annata calda, a dispetto delle teorie bislacche da Facebook, quasi non si faccia notare causa vibrazioni intermittenti di luce che rendono questo nettare del Canavese una supernova in attesa di esplosione.
Benito Favaro – Erbaluce di Caluso DOCG “13 Mesi” 2016: primavera e inizio estate umidi. Il resto dell’estate è stato caratterizzato da fiammate di caldo e frequenti temporali che hanno portato rilevanti escursioni termiche giorno/notte a partire dal 20 agosto. Vendemmia iniziata il 20 settembre.
Quando abbiamo versato questa annata, al di là dei freddi dati tecnici, Camillo è stato abbastanza chiaro ovvero la 2016 è una grandissima annata per l’erbaluce e solo gli stolti potevano sbagliare questo millesimo. In effetti già al naso, rispetto alla precedente annata, si avverte un cambio di passo, questo 13 Mesi risulta completo in ogni sfaccettatura aromatica, inizialmente chiusa ed aristocratica, che col tempo svela una filigrana odorosa che passa dalla pesca alla lavanda per poi virare sul finocchietto selvatico, lo zenzero ed il muschio. Sorso di precisione millimetrica, di riservata eleganza e dannatamente didattico per far capire a tutti i neofiti in cosa dovrebbe consistere l’equilibrio di un grande vino bianco. Finale sapidissimo e lungo come il ricordo che ho ancora di questo erbaluce.
Benito Favaro – Erbaluce di Caluso DOCG “13 Mesi” 2015: annata simile alla 2017, punte di 40°C a fine giugno/inizio luglio ma con qualche pioggia in più a partire da fine luglio. Vendemmia iniziata l’8 settembre.
Anche in questo caso l’annata calda è stata gestita con sapiente maestria dai Favaro e questo erbaluce ne è la prova provata visto che dopo quattro anni dalla vendemmia il vino non cede di un millimetro a sentori vagamente terziari ed è ancora là, bello dritto, con i suoi stuzzicanti ed esuberanti sentori di cedro, lime, pesca bianca, sambuco e zenzero. Al sorso sfuma lentamente, dopo un assaggio snello e agile, nella suo “classico” finale sapido e fresco ben equilibrato da una struttura la cui spina dorsale cederà il passo, forse, ai miei nipoti.
Benito Favaro – Erbaluce di Caluso DOCG “13 Mesi” 2014: primavera iniziata in modo regolare e poi, a partire da inizio giugno, si sono avuti continui temporali, anche prolungati. Ciò che ha salvato un po’ l’annata sono stati gli ultimi giorni di agosto dove segnati da sole, ventilazione e caldo. Vendemmia iniziata il 25 settembre.
Sapete cosa è un mantra? Il mantra è una formula verbale che viene ripetuta per un dato numero di volte con lo scopo di ottenere un preciso effetto, spesso un condizionamento mentale o fisico. Quante volte ci hanno ripetuto che in Italia l’annata 2014 è generalmente pessima? Questo mantra, spesso di origine giornalistica, con me non attacca e, soprattutto, non attacca con i vignaioli veri, come ad esempio i Favaro che, nonostante tutti i problemi, indubbi, hanno dato vita ad un 13 Mesi da far strabuzzare gli occhi per purezza e linearità. Non avrà certo le stimmate della 2016 ma questo erbaluce è un inno al vino del nord e, soprattutto, un regalo per chi, come me, ha sempre preferito Audrey Hepburn a Sofia Loren.
Benito Favaro – Erbaluce di Caluso DOCG “13 Mesi” 2013: estate regolare, molto calda tra metà luglio e metà agosto. Vendemmia iniziata il 16 settembre.
Dopo un altalena di emozioni abbastanza significative, derivate dagli assaggi precedenti, arriva il vino che durante la verticale, probabilmente, mi ha fatto meno impressione forse perché “schiacciato” tra due annate che, per motivi assolutamente diversi, hanno conquistato il mio cuore di degustatore. Se dovessi berlo da solo, non confrontandolo con gli altri vini, rimarrebbe un’ottima espressione di 13 Mesi, assolutamente integra nei profumi di pesca, mela cotogna, buccia di cedro e toni agrumati che al sorso, sfortunatamente, cedono leggermente il passo ad un ritorno aromatico di legno e vaniglia, assolutamente inaspettato, che rende il finale leggermente più “piacione” rispetto agli altri vini della batteria. Un dettaglio, in un campionato di eccellenza come questo, che fa la differenza.
Benito Favaro – Erbaluce di Caluso DOCG “13 Mesi” 2010: estate altalenante, piogge frequenti ma sempre intervallate da caldo mai eccessivo. Agosto regolare, senza umidità e con buone escursioni termiche. Vendemmia iniziata il 19 settembre.
Anche stavolta i freddi dati analitici forniti da Camillo potrebbero celare fortemente, se non si passa rapidamente dalla teoria alla pratica, la grandezza assoluta di questa annata che, degustata rigorosamente alla cieca, potrebbe portare i Favaro virtualmente in Mosella per via di un profilo aromatico e gustativo del loro erbaluce che, dopo quasi 10 anni, si trasforma e prende le sembianze di un grande Riesling. Vino assolutamente caleidoscopico che si schiude su un incantevole ventaglio di pesca matura, cedro, pompelmo candito, mughetto, incenso, fiori alpini, sensazioni minerali e, ancora, toni salmastri. In bocca conferma una finezza non comune, con sapidità minerale e freschezza sublimemente dosate e capaci di regalare un finale equilibratissimo e pregno di richiami olfattivi. Un erbaluce che è un monumento al grande vino bianco italiano. Amen!
Benito Favaro – Erbaluce di Caluso DOCG “13 Mesi” 2009: l’annata è stata piuttosto simile alla 2013 ma la vera differenza di questo vino la troviamo nella vinificazione dove il 70% era affinato in barriques e il 30% in acciaio inox.
E’ chiaro che dopo la 2010 qualsiasi vino avrebbe sofferto ma, con mia sorpresa, devo dire che anche questa 2009 si è comportata bene regalando una successione aromatica composta da melone invernale, mela cotogna, mandorla amara e ginestra su un tappeto di agrumi canditi. Al sorso l’approccio è nettamente sapido e fruttato, l’apporto del legno è già invidiabilmente integrato e il finale, fresco, intenso e pretenzioso, è un invito a ribere il vino che anche in questo caso sembra molto lontano dall’evidenziare la sua parabola discendente.
E ora chi glielo dice ai tanti appassionati di vino che l’Erbaluce dà il meglio di sé con qualche anno sulle spalle? Camillo, ci pensi tu, vero?
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