di ROBERTO GIULIANI
Dal 2019 il Costa Toscana IGT Principe Guerriero Anforadi Pagani De Marchi è cambiato: ora è un 60% Merlot e 40% Cabernet sauvignon fatto totalmente in anfora. Forse l’inizio di un percorso nuovo e lungo.
Una rivoluzione in casa Pagani De Marchi in quel di Casale Marittimo: il Principe Guerriero, nato nel 2001 come Sangiovese in purezza fermentato in barriques con i lieviti indigeni e maturato in tonneaux, cambia veste e sostanza.
Con l’annata 2019 questo è l’uvaggio: 60% Merlot e 40% Cabernet sauvignon. Ma anche la vinificazione e la maturazione cambiano: dopo la diraspa-pigiatura, il mosto ottenuto viene trasferito in anfora di terracotta cruda da 8 e 10 Hl, dove rimane a macerare per un mese a contatto con le bucce, con periodiche follature. Successivamente matura nelle stesse anfore per un anno.
Dietro a questa scelta c’è lo zampino di Matteo, figlio di Pia Pagani, che sta concentrando l’attenzione su un più ristretto numero di vini e cercando di dare ancora maggiore risalto al forte legame con la cultura etrusca.
Che l’anfora sia tornata in auge in Italia già da qualche decennio è un fatto assodato, dal Friuli-Venezia Giulia alla Sicilia sono sempre più numerosi i produttori che si cimentano con questo contenitore, finendo spesso per innamorarsene.
Meglio se chi fa una scelta di questo tipo ci crede fino in fondo, piuttosto che farsi trascinare nel vortice delle mode, ma allo scrivente interessa principalmente cosa ne ottiene, ovvero se i vini che in anfora dimorano ne traggono qualche beneficio, se vengono meglio valorizzati, se il racconto che esprimono una volta versati nel calice è convincente. Ogni contenitore, se usato bene e con le uve giuste, può dare ottimi risultati.
In questo caso mi sembra che la strada sia stata individuata e non sia frutto di improvvisazione, piuttosto di una sperimentazione attenta e consapevole. Del resto immagino che Matteo sia stato supportato da Attilio Pagli e Stefano Moscatelli, che seguono l’azienda sin dagli inizi.
Dunque eccolo qua, nel calice, rubino profondo: intanto diciamo subito che il bouquet è pulitissimo, senza sbavature (e di vini in anfora piuttosto rustici ne ho assaggiati parecchi), domina la componente fruttata, ma con una inusitata e vivace freschezza olfattiva; un’altra cosa che mi sembra caratterizzare questo vino è la perfetta fusione dei sentori, non c’è qualcosa che emerge in modo netto ma un amalgama perfetto, dove il ribes nero, la mora, la prugna, giocano sullo stesso piano, in sintonia.
L’impressione è di un vino agli albori di un lungo percorso, la ridotta percezione speziata è anche indice di come il legno ne sia spesso autore, laddove si usa un contenitore più neutro ecco che il bouquet ci riporta al varietale, ma non mancano sfumature di grafite e cacao, qualche venatura di vaniglia.
L’assaggio rivela una materia importante, c’è struttura e incisività, slancio e dinamicità, nulla che sia fuori dal contesto, il linguaggio è diretto e chiaro, la trama profonda e suggestiva.
Un Principe Guerriero in tutti i sensi, giovane e aitante, che nella maturità si rivelerà in tutto il suo già preannunciato splendore.
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