di LUCIANO PIGNATARO
Un Brunello di Montalcino biodinamico, di una grande annata come il 2007, con una bella storia da raccontare. Ma soprattutto un gran bel vino.
Parliamo di Lionel Cousin e sua moglie Ornella, che dopo aver frequentato Montalcino sin dagli anni ’70, quando il Brunello come lo conosciamo oggi non esisteva, comprano la tenuta nel 1996. La frequentazione della coppia nasce dall’amicizia con il pittore Yoran Cazac. Lionel era direttore di fotografia in molti film francesi e della cinematografia centro-africana. La proprietà è di 34 ettari con un casale, all’epoca era ancora possibile fare questi acquisti, a 200 metri di altezza con sguardo sul fiume Ombrone in direzione mare.
Ma non è solo la storia di Lionel e Ornella ad essere interessante: anche la filosofia di approccio alla produzione che parte da circa sette ettari nel 1998 che ha come riferimento la filosofia biodinamica di François Bouchet in tempi veramenti non sospetti, a cominciare dall’uso di lieviti non selezionati e delle barrique di media tostatura che mostrano immediata simpatia per il Sangiovese allevato in queste specifiche condizioni pedoclimatiche su suolo argilloso e in parte ciottolato.
La 2007 è ufficialmente annata a cinque stelle per il Brunello di Montalcino. Pur non volendo dare un credito definitivo a questa classificazione (ma a quale altra se no?) sappiamo tutti che per gli enologi è stata una vendemmia di incorniciare, estate particolarmente calda, la più calda dopo la 2003 e prima della 2011, che ha portato a piena maturazione le uve. Caldi, ma anche le giuste piogge, con frutta sana in cantina quasi ovunque. Le annate calde non sono di per se una tragedia se si impara a difendere l’uva, anzi sono spesso un trampolino di lancio per chi ha saputo fare bene il lavoro in vigna come dimostrano ancora oggi tanti rossi (ma anche bianchi) del 2003.
In questo caso Cupano ci è apparso un vino connotato da due elementi immediati: la grande bevibilità e la perfetta integrazione tra il frutto e il legno. Al naso ancora note di ciliegia matura, ma anche di tabacco, rimandi balsamici e spezie dolci a contorno di un naso dominato dalla percezione gradevole fruttata. Al palato è morbido, i tannini sono presenti ma perfettamente risolti e levigati dal buon uso del legno e dallo scorrere del tempo. La frutta scorre su una rinfrancante sensazione di freschezza, il vino è tonico, non ha segni di cedimento e vanta un finale piacevole, lungo, pulito.
Un difetto, se tale vogliamo considerarlo, è la presenza di un po’ di residui, ma la vecchia regola di tenere la bottiglia vecchia in orizzontale dal giorno prima ha funzionato bene.
Insomma che dire, un vino di stampo tradizionale, senza colpi di scena olfattivi, ma vero, assolutamente efficace sul capretto al forno.
Un Ferragosto meglio di questo?
www.cupano.it
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