di ROBERTO GIULIANI
Il resoconto di un assaggio – evento unico e invidiabile! – di tutte le annate di questo leggendario rosso siciliano a base di nerello mascalese, nerello cappuccio e nocera.
Una verticale importante come quella del Faro Bonavita non poteva che essere pubblicata da Garantito Igp. Quando nel 2008 iniziai a scrivere di questa azienda di Faro Superiore, in Contrada Corso, non conoscevo ancora di persona Giovanni Scarfone e la sua famiglia; l’assaggio della prima annata, la 2006, fu per me un vero colpo di fulmine, ne rimasi quasi travolto. Non potei fare a meno di andarlo a trovare, visitare il vigneto, respirare l’aria salmastra dalla collinetta che affaccia sullo Stretto, dialogare con papà Carmelo e mamma Emanuela, assaggiare le straordinarie marmellate fatte con la propria frutta, emozioni che mi hanno arricchito e permesso di dare un senso compiuto al vino che avevo tanto apprezzato.
Faro 2006
Giovanni, come spesso accade a chi è agli inizi della propria esperienza di vitivinicoltore, quando ha prodotto la prima annata di Faro – vino sofferto sin dall’inizio, non tanto in vigna quanto per la situazione assai precaria e commercialmente poco significativa della denominazione, per la quale solo il vino di Salvatore Geraci è riuscito ad aprire un varco nel vuoto più assoluto – non ha pensato di mettere da parte un po’ di bottiglie per avere uno storico, utilissimo per verificare con il passare degli anni le capacità evolutive del proprio vino. Così in cantina di questa annata ha ormai solo qualche campione, destinato ovviamente ad uso familiare e non certo per possibili verticali future.
Il caso ha voluto che nel 2008, quando mi spedì alcune bottiglie, io rimanessi folgorato dalla bontà di questo Faro 2006, e pensai bene di lasciarmi una piccola scorta proprio per potervi presentare oggi le prime sei annate di questo gioiello della Sicilia nord-orientale, ottenuto dalle le viti di nerello mascalese, nerello cappuccio e nocera che si affacciano sul mare, a circa 250 metri di altitudine, tra Faro Superiore e Curcuraci.
Quando lo degustai la prima volta gli detti quattro chiocciole pur ritenendo che ne meritasse cinque, solo ed esclusivamente perché era la prima annata e preferivo aspettare per capire se era stato un caso fortunato o era davvero nata una stella.
Oggi, dopo ben sei annate, posso dire in tutta sicurezza che si è confermato un grande vino, fra l’altro la 2006 è l’unica ad avere una gradazione alcolica inferiore al 13%. Questo significa che ha dalla sua una straordinaria bevibilità, oggi accompagnata da una complessità e un carattere davvero entusiasmanti. Non sto qui a elencare i pur numerosi “ingredienti” che lo compongono, in certi casi mi sembra quasi riduttivo, quello che racconta risveglierebbe la sensibilità di Goethe, che di questa bellissima isola disse: “L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di ogni cosa“. Il grande poeta e scrittore, ne sono certo, avrebbe decantato questo Faro 2006 esattamente come fece per il Monte Pellegrino a Palermo, vi avrebbe ritrovato l’emozione che percepì visitando luoghi inesplorati dell’isola ricchi di arte e di storia: “La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra“. Una descrizione che si addice perfettamente anche a questo rosso di Bonavita.
Io che poeta non sono, ma ho origini siciliane e da sempre amo questa terra, non ho difficoltà a ritrovare quelle stesse emozioni sorseggiando il vino, in totale solitudine, contento di averne conservato una bottiglia e di avere avuto conferma della sua grandezza, oggi acclarata da un equilibrio e un fascino che sono pregio solo dei più grandi. Peccato che sia l’ultima…
Faro 2007
Come ho ampiamente descritto (qui) si è trattato di un’annata difficile, particolarmente calda con punte davvero esasperate che hanno messo a dura prova le viti. Ciò nonostante il vino non aveva perso le sue caratteristiche principali, era certamente più scorbutico, alcolico, ma aveva personalità e nerbo pur non raggiungendo i livelli del predecessore.
Oggi è un vero piacere scoprirlo in uno stato di grazia, equilibrato, con i tannini perfettamente integrati, ancora fresco, quasi balsamico, meno ampio e profondo ma, accidenti, buonissimo e godibilissimo, persino il calore generato dall’alcol sembra essersi ridotto in modo netto, lasciando spazio ad una materia più vellutata e piacevole, la radice è sempre quella, si sente, probabilmente avrà vita leggermente inferiore, ma al momento è in ottima salute e consigliabile ai fortunati che ne hanno acquistato qualche esemplare.
Faro 2008
Mi fece grande impressione nel 2010 e debbo dire che dopo quattro anni conferma di essere una delle migliori versioni prodotte fino ad ora. Ha mantenuto perfettamente quella gamma cromatica che mi aveva entusiasmato, ritrovo i riverberi di scorza d’arancio, il fico nero, quello piccolo che matura a settembre, dolcissimo, il “brogiotto”, “mòro, lacrimusu, divotu e pillirinu“, ovvero scuro, lacrimoso (quando è maturo deve stillare il succo, devoto (con il collo storto, pronto a cadere) e pellegrino (con la buccia un po’ aggrinzita come le vesti dei pellegrini). Ora sa anche di cacao e confettura di amarene, di cuoio e liquirizia.
Al gusto è ancora giovane, fresco e con un tannino che pur maturo al punto giusto non intende nascondersi del tutto dietro la generosa polpa. Ottima stoffa e ancora lunghe prospettive evolutive.
Faro 2009
Si dice che la differenza fra le annate deve percepirsi nei vini, e in effetti nel Faro di Bonavita è abbastanza chiara, ma è altrettanto evidente che c’è un filo conduttore, il linguaggio è lo stesso, tornano sempre su la terra e il mare che ne marcano gli aspetti fondamentali, impossibile anche nella 2009 non percepirne sentori iodati e di erbe aromatiche, e il frutto è sempre lì, intenso, maturo ma mai scevro da quella vena di freschezza che ne frena possibili stucchevolezze, eccessi di surmaturazione.
Anche in questo caso siamo di fronte ad un prodotto di alto livello, differente dalla 2008 per un maggiore equilibrio, una setosità che lo avvicina alla 2006; la spinta balsamica che restituisce dopo la deglutizione conferma la grande qualità espressiva di questo vino, il cui processo evolutivo potrebbe essere leggermente più breve del millesimo precedente, ma sarà tutto da verificare, perché vini come questo, cedono sempre molto lentamente e, magari, proprio quando potresti pensare che siano arrivati al momento della discesa, ritrovano il guizzo vitale che li sosterrà per un altro indefinibile numero di anni.
Faro 2010
Quinta annata prodotta, l’unica che vi propongo in versione magnum, non disponendo di bottiglie standard. Veste colore rubino pieno e di buona intensità, ancora una volta ci troviamo di fronte ad un eccellente vino, elegante sin dal profumo, colpisce per l’effluvio floreale di peonia e rosa che avvolge i sensi, affiancato dalla ciliegia, dal ribes, cenni di fragolina di bosco e corbezzolo.
Bellissima la sensazione terrosa e minerale che affiora successivamente, a tratti compare anche quella sfumatura di agrumi rossi che più volte ho riscontrato nel Faro di Bonavita. Ma non finisce qui, arrivano rintocchi di mirto e primi cenni di tabacco, ginepro, a cui segue un bel finale balsamico.
La bocca non delude, riproponendo una materia in perfetta sintonia con quanto percepito all’olfatto, ottima la trama tannica, fine e mai troppo aggressiva; ma la cosa che colpisce di più è sempre questa travolgente bevibilità, questa energia che ti contagia ed elettrizza incidendo sul tuo stato d’animo, trasportandoti in una dimensione che spazza via qualsiasi malumore.
Faro 2011
Ed eccoci arrivati all’ultimo vino in commercio, il vino più giovane e in divenire, ma già ben delineato e convincente. Ormai Giovanni, che acquisisce una maggiore esperienza di vendemmia in vendemmia, conosce le sue viti, pianta per pianta, sa come assecondarle, aiutarle, indirizzarle, nella buona e nella cattiva sorte.
Il colore rubino luminoso della 2011 lascia subito spazio ad una tavolozza di profumi intensi ed eleganti: mai come in questo caso, inframmezzati da ciliegie, fragoline e susine rosse, appaiono nette le sensazioni agrumate, seguite da note di macchia e iodate, poi emerge la liquirizia, ma sono i piccoli frutti a dare il benvenuto all’assaggio.
In bocca rivela grande freschezza e nerbo, tannino pimpante ma mai dominante, basi di una futura saggezza espressiva, è un sorso che suona, come un flicorno, strumento che riesce a offrire toni caldi e armoniosi anche nei registri acuti.
Non perdetevelo, bevetene ora ma conservatene assolutamente qualche bottiglia, garantito Igp!
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