di STEFANO TESI
Sgarbi però non c’entra. C’entra invece il compianto Kyle Phillips. E’ grazie al premio dedicato alla sua memoria che in Valdelsa, a Gambassi Terme, abbiamo scoperto la Fattoria Le Caprine, un microcaseificio aperto un anno fa da tre giovani agronomi-pastori. E che fa formaggi super.
[Premessa: questa settimana i miei contributi all’IGP sono dedicati ai mancati profeti in patria, cioè a chi ha trovato altrove, anziché a casa propria, l’opportunità di realizzare sogni, progetti e vocazioni].
Il mai abbastanza compianto Kyle Phillips mi diceva sempre, scherzando ma non troppo, che dovevo essere fissato coi formaggi. E aveva ragione.
E’ stato infatti un mese fa, in occasione della consegna, a Certaldo Alto in occasione dell’evento di Vetrina Toscana, del premio (qui) dedicato dall’Aset alla sua memoria (e destinato al giornalista enogastronomico under 35 più anticonformista dell’anno, andato per il 2017 a Indra Galbo del Gambero Rosso) che ho avuto l’opportunità di incontrare tre giovani “pastori”, anzi allevatori di capre, che dai paesi natii in Lombardia e Piemonte sono finiti a lavorare nientepopodimento che a Gambassi, nella profonda campagna fiorentina. Dove fanno formaggi superlativi.
Già il posto mi era simpatico, perché la famiglia di mia madre ci andò sfollata durante l’ultima guerra e la mia memoria è piena del ricordo di aneddoti di pagliai, bombardamenti e di un’Italia rurale che non c’è più.
Ma ancor più simpatici mi sono subito rimasti i tre casari e, massime, i loro caprini. Dei quali in particolare uno, quello stagionato al finocchietto, mi aveva letteralmente conquistato: perfetto rapporto tra pasta e buccia, piacevole anche al tatto, una fragranza prolungata con corrispondenza oronasale che si espande in bocca e ti accompagna senza mai risultare invadente, un gusto deciso come si conviene ma anche gentile, netto, armonico e ricco.
Allora ho deciso di andare a fondo e ho scoperto una storia che meritava di essere raccontata.
I giovani pastori sono innanzitutto del genere 2.0, cioè laureati in agraria, con specifica esperienza appunto nell’allevamento delle capre. Si chiamano Michela Bisanzio, Matteo D’Agostino e Raffaele D’Agostino. Cercavano il classico posto giusto per avviare un’attività nel settore del formaggio di qualità e il caso li ha aiutati: solita ricerca, trafila di annunci su internet, esplorazioni qua e là fino all’incontro fatale con una vecchia fattoria in Valdelsa con un po’ di bosco, una decina di ettari di seminativo, 200 olivi e un ettaro di vigna di Chianti vecchia d’ottant’anni. I romantici direbbero che lì è scattato il colpo di fulmine, i cinici che sono scattate le rate del mutuo. Il cronista, verificate le fonti, dice che sono scattati tutti e due e, giusto un anno fa, l’avventura è cominciata. Nome prescelto (poteva essere altrimenti?): “Fattoria Le Caprine”.
“Attualmente abbiamo 40 capre, tutte Camosciate delle Alpi in purezza, e una ventina di agnelli, ma l’idea è di incrociarle in futuro con razze più mediterranee, per assecondare i cambiamenti climatici a cui stiamo andando incontro“, spiega Michela. “Da poco abbiamo preso anche una decina di pecore massesi. Alleviamo il bestiame col metodo del pascolo razionale, cioè realizzando piccolissimi recinti mobili elettrificati dove gli animali stazionano non più di qualche ora al giorno. In questo modo, grazie alle deiezioni, contiamo, piano piano, di arricchire il terreno impoverito dalle monocolture dei cereali”.
Nel caseificio ricorrono a due tipi di lavorazione. Quella all’italiana, da cui ricavano un ottimo cacio a crosta rossa, tipo taleggio, e la cosiddetta lavorazione lattica, di stile francese, che rispetta di più l’acidità del latte e dà prodotti più delicati.
E qui casca l’asino. O meglio, la capra.
Perché, oltre a quello al finocchietto già menzionato, i nostri amici fanno anche il formaggio alle cipolline, alle bacche di sambuco e alla scorza di arancia. Davvero notevoli, tutti. Produzioni limitatissime, da intenditori. Per assaggiare le quali loro stessi, vista la per ora scarsa reperibilità del prodotto, raccomandano la cosa più semplice: andare in fattoria, visitare il caseificio, accarezzare le caprette e poi passare alla degustazione: “Proprio in questi giorni otterremo la licenza agrituristica e, oltre agli assaggi del formaggio, potremo offrire ai visitatori pranzi caserecci, il nostro olio e il vino della nostra vecchia vigna”, conclude Michela.
Siccome dire a un pastore in bocca al lupo rischia di passare, visti i tempi che corrono, per menagramo, allora diremo loro “in bocca alla capra”.
Fattoria Le Caprine
Via Varna 123, Gambassi Terme (FI)
Tel. 349 1896171 o 331 4199690
fattorialecaprine@gmail.com
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