di ANDREA PETRINI
Dei circa 40 assaggi che ho fatto sul totale di oltre 60 aziende presenti a Bolgheri Divino, ecco la mia top five.

 

Mentre sto scrivendo questo articolo la mia timeline di Facebook è invasa dalle immagini della cena che il Consorzio dei vini Bolgheri e Bolgheri Sassicaia DOC hanno organizzato lungo il famoso viale, evento glamour, della prima edizione di Bolgheri Divino.

La cena è stata preceduta dalla presentazione en primeur alla stampa dei Bolgheri Superiore DOC 2019 e da una “degustazione diffusa” in sette prestigiose location del territorio, dove si potevano testare i vini delle 65 aziende consorziate della Bolgheri DOC, con un focus particolare al debutto dell’annata 2020 del Bolgheri Rosso DOC.

Io mi sono buttato in quella di sette importanti cantine: Campo alle Comete, Guado al Melo, Donna Olimpia 1898, Michele Satta, Ornellaia, Tenuta Argentiera e Tenuta Guado al Tasso.

L’idea che in generale mi sono fatto è che, col passare del tempo e forse anche delle mode, i produttori di Bolgheri stiano prendendo sempre più consapevolezza della forza del loro territorio, i cui caratteri mediterranei, costieri, vanno interpretati limitando certe “goffagini” enologiche del passato, responsabili di una certa standardizzazione verso un’esagerata opulenza.

Comunque sia, dei circa 40 assaggi che ho fatto sul totale di oltre 60 aziende presenti ecco i miei preferiti.

Fabio Motta – Bolgheri Rosso DOC “Pievi” 2019: Fabio non lo scopro di certo io, ha iniziato la sua avventura di vignaiolo a Bolgheri nel 2010, a trent’anni dopo essersi fatto le ossa accanto ad un altro grande produttore del territorio come Michele Satta. Oggi, con tante vendemmie alle spalle e una cantina prossima ad essere terminata, Fabio è entrato nel periodo della sua maturità così come il suo “Pievi”, la sua prima etichetta mai prodotta, composta da un taglio di merlot, cabernet sauvignon e sangiovese. Il vino, succoso e balsamico, racconta molto dell’areale di Bolgheri ma lo fa in maniera misurata, mai gridata, grazie ad un magistrale equilibrio gustativo che, per questo territorio, non è affatto scontato. Non ho esperienza per dirlo ma penso che Motta, dopo tanto studio della sua materia prima e del terroir di appartenenza, abbia davvero preso consapevolezza delle sue capacità e ben presto diventerà uno dei “fari enologici” di Bolgheri.

Le Macchiole – Bolgheri Rosso DOC 2020: questo vino è la testimonianza più fulgida del processo di “alleggerimento”, che sta avvenendo da qualche anno, dei vini de Le Macchiole. Perché scrivo questo? Semplicemente perché questo Bolgheri Rosso, blend di merlot, cabernet franc e syrah, possiede una caratteristica che negli anni precedenti ritenevo leggermente offuscata: la luce. In questo millesimo la luminosità di questo vino è indiscutibile, è un rosso che regala vibrazioni positive, energia mediterranea, freschezza promettente e tannino didascalico. Più o meno cento mila bottiglie così sono un regalo a tutti noi appassionati!

Aldrovandi – Bolgheri Rosso Doc Superiore 2017: Federico Aldovrandi, già produttore nei Colli Bolognesi, si è appassionato di Bolgheri da tantissimo tempo e solo nel 2014 riesce a coronare il suo sogno di produrre qui dei vini acquisendo un ettaro di vigneto dal quale produce, esclusivamente nelle annate migliori, solo Bolgheri Superiore. Federico l’ho incontrato all’interno degli spazi dell’Ornellaia, accanto a tanti giganti nell’enologia, per cui la prima cosa che mi ha detto, appena mi sono avvicinato al suo banchetto, è stata:”Sono il più piccolo di tutti!!”. Fabio, con la sua simpatia emiliana, accanto ad una visione strategica molto bolgherese, è pura dinamite e in poco più di dieci minuti riesce a raccontarmi moltissimo della sua voglia di produrre vino di qualità cristallina partendo da un fazzoletto di vigneto con ceppi di cabernet franc (60%), cabernet sauvignon (30%) e petit verdot (10%) allevati ad alberello. In degustazione, oltre alla 2015, che ho trovato leggermente sotto tono, aveva la sua seconda annata prodotta, ovvero un Bolgheri Rosso Superiore 2017 che ho apprezzato moltissimo per la sua chiave di lettura, sia aromatica che gustativa, che si rifà molto al carattere del vignaiolo: schietto, equilibrato, affatto pesante e con un tocco naif che non fa mai male. Bravo Fabio!

Mulini di Segalari – Bolgheri Rosso Doc “Ai Confini del Bosco” 2020: Emilio, agronomo ed enologo, e sua moglie Marina, architetto, nel 2002 creano insieme l’azienda. Ispirandosi al primo vigneto di Mario Incisa a Castiglioncello, lato monte e in mezzo al bosco, anche loro decidono di puntare su queste caratteristiche e mettono a dimora le loro vigne in una piccola valle boscosa, utilizzando come locali di cantina i vecchi mulini del Castello di Segalari. Da che hanno iniziato, l’approccio di Marina ed Emilio è quello di sentirsi custodi del territorio e della sua biodiversità, un percorso che li ha condotti nel 2017 ad essere la prima azienda di Bolgheri ad essere certificata biodinamica. Il loro “Ai confini del Bosco”, blend di cabernet sauvignon, cabernet franc e merlot, prodotto in circa 3000 bottiglie, è un rosso schietto, diretto, profondo e succoso. Sono quei vini che per espressione fruttata, tipicamente mediterranea, sanno di festa tra amici e spensieratezza anche perché, cari signori, il vino raggiunge a malapena i 13 gradi di alcol. Ad avercene!

Santini Enrico – Bolgheri Rosso Superiore DOC “Montepergoli” 2016: proveniente da una storica famiglia castagnetana, Santini dopo aver lavorato in un supermercato di zona, decide di investire soldi e speranze creando la sua azienda vitivinicola. Inizia nel 1998 piantando le prime vigne intorno alla sua casa, trasformando il garage e la cantina in locali idonei per la vinificazione e l’affinamento. Sin da principio Enrico punta sulla certificazione biologica ed è infatti il primo produttore di Bolgheri in questo senso arrivando a gestire, oggi, circa 12 ettari suddivisi in diverse parcelle lungo la zona dell’Accattapane. Durante la degustazione mi ha incuriosito positivamente il suo Bolgheri Superiore “Montepergoli”, blend di cabernet sauvignon, merlot, syrah e sangiovese che, nonostante una struttura importante, resta un vino dalla piacevolezza di beva disarmante capace di leggere le sfumature del terroir bolgherese con estrema leggiadria. Il prezzo importante, siamo a circa 50 euro a scaffale, vale assolutamente la spesa soprattutto se volete bere oltre i soliti nomi.

 

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