di LORENZO COLOMBO
“Il Barbarossa” della Cantina Pizzolato, Piave Malanotte docg, nasce da un 100% di Raboso Piave, in parte fatto appassire: antico vitigno ora diffuso in appena 700 ha tra il Veneto orientale e la provincia di Pordenone. Segni particolari del vino: bio e vegan.

 

Il curioso nome non è che il toponimo del Borgo Malanotte, insediamento medievale attestato sin dal 1400 a Tezze di Piave, frazione del comune di Vazzola, in provincia di Treviso, cuore della produzione del vino.
Il riconoscimento della Docg Piave Malanotte è del dicembre 2010, un’area di produzione molto ampia lungo il fiume Piave, comprendente numerosi comuni della provincia di Treviso ed altri in quella di Venezia.
Le uve utilizzabili sono il Raboso Piave (min 70%) ed il Raboso Veronese (max 30%), parte di queste uve (min 15% e max 30%) debbono obbligatoriamente essere sottoposte ad appassimento.
La messa in commercio non può essere effettuata prima dei trentasei mesi dalla vendemmia.

Il Raboso Piave era un vitigno molto diffuso nel passato (oltre 7.000 ettari secondo il censimento agricolo del 1970), che però col tempo ha visto sempre più contrarsi la sua superficie vitata, tanto che, quarant’anni dopo (censimento del 2010) ne rimanevano poco più di 700 ettari, confinati in alcune province del Veneto orientale ed in provincia di Pordenone, in Friuli.
Oltre che per la produzione del Piave Malanotte il vitigno entra a far parte di un altro vino a Docg (Bagnoli Friularo), di sette vini a Doc e di otto ad Igt.

Anche il Raboso Veronese (comunque non utilizzato nel vino che abbiamo degustato) ha subito un’analoga – se non peggiore – sorte: i poco meno di 6.000 ettari del 1970 s’erano ridotti nel 2010 (ultimo censimento agricolo) a meno di 300 ettari e questo nonostante la sua teorica area di produzione sia nettamente più vasta, potendo essere coltivato anche in altre regioni (Lombardia ed Emilia Romagna).

L’appassimento delle uve di Raboso non è comunque una trovata dei nostri tempi, ma una pratica già in uso sin dal ‘700, allo scopo di smussare la tannicità e l’acidità dei vini derivati da questo vitigno, caratteristiche che ne facevano un vino longevo.
Una simpatica descrizione del vino ricavato dal Raboso – in questo caso si tratta del Friularo di Bagnoli – ci viene data da Ludovico Pastò, medico e poeta dialettale veneziano, nel suo ditirambo “El vin friularo de Bagnoli”: “Abbandonata nel corso degli anni la pratica di fare appassire, seppur parzialmente quest’uva, viene ripresa negli anni ’90 e da qui nasce l’attuale Malanotte del Piave (risulta interessantissima a tal proposito la lettura del libro “Il Vino nella storia di Venezia – Vigneti e cantine nelle terre dei Dogi tra XIII e XXI secolo)”.

Il vino che andiamo a degustare è il Malanotte del Piave Docg “Il Barbarossa” della Cantina Pizzolato, l’annata è la 2015.

Viene prodotto con uve Raboso Piave provenienti da vigneti situati a nord di Treviso, il 30% delle uve subisce un appassimento in cassetta per circa tre mesi, dopo la fermentazione alcolica il vino s’affina per ventiquattro mesi in botti e barriques, seguono ulteriori sei mesi di bottiglia prima della messa in commercio.
L’etichetta riporta il ritratto di Settimo Pizzolato, autore del vino, che è certificato Biologico e Vegan.

Alla vista su presenta granato profondo con ricordi color prugna sull’unghia.
Intenso, con ampio spettro olfattivo, si colgono note surmature, sentori di prugne secche, confettura di prugne e marasche, note speziate di vaniglia e cannella, sottobosco, radici, liquirizia, accenni di salamoia.
Strutturato, con tannini decisi ma vellutati, bella vena acida, liquirizia forte, prugne secche, confettura di marasche, accenni di spezie piccanti (pepe), tornano le note di salamoia su una lunga persistenza.

 

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