E’ buona l’idea di dotare chi ha avviato il percorso per diventare giornalista, ma non è ancora iscritto all’albo, di un'”abilitazione provvisoria” all’esercizio della professione, mettendo così il sistema nella condizione di scoprire chi opera come abusivo o sfruttando abusivi. Ma occorre parallelamente che l’Ordine da un lato torni ad applicare con rigore le norme di accesso e, dall’altro, proceda alle regolari revisioni. Altrimenti resterà ciò che è oggi: un giornalistificio. Con danno di tutti.
L’idea, di primo acchito, non è malvagia: far rilasciare all’Ordine una sorta di “foglio rosa” agli aspiranti giornalisti che, non ancora iscritti all’albo, hanno già intrapreso, avviando la collaborazione con qualche testata, il percorso formativo per diventarlo. Una specie di riordino, insomma, di informale messa in regola preventiva che certamente aiuterebbe la linearità e la trasparenza nel rapporto con gli editori, scoraggiando la nascita e lo sviluppo di certi itinerari professionali tristemente destinati nel tempo a rivelarsi dei cul de sac di abusivismo, sfruttamento, illusioni tradite, carriere mancate.
Lo propongono, sulla newsletter di “Liberiamo l’Informazione” (qui), i colleghi Antonella Cardone e Saverio Paffumi. Che proseguono: “E’ necessario e urgente stabilire poi una “procedura valutativa delle anomalie”, ovvero attivare un canale dove segnalare i casi di esercizio abusivo della professione. Si potrebbe creare un riferimento sul sito dell’Ordine […] e dare il via agli interventi appropriati: segnalazione alle forze dell’ordine, alla Fnsi, alla Fieg e alle altre organizzazioni degli editori, diramare comunicati stampa, intentare cause alle aziende editoriali che promuovono il lavoro degli abusivi non iscritti all’albo”.
Bene, ottimo.
C’è prima, però, un’altra frase che inquieta: il rilascio del “documento provvisorio” a favore di chi si affaccia alla professione servirebbe infatti anche a “inserirlo fin da subito nell’alveo ordinistico”.
Non ho dubbi, sia chiaro, sulla bontà delle intenzioni e sul senso delle parole di Cardone e Paffumi (che conosco personalmente e stimo per il suo impegno, anche se non sempre siamo d’accordo su tutto).
E’ che la dilatazione, già in pieno corso, dell’alveo ordinistico (alla quale la creazione del “foglio rosa” in qualche modo contribuirebbe, creando un “pre-albo”) è proprio una delle principali cause della crisi del giornalismo italiano. E che estendere con ulteriori zone grigie o anticamere quello che già adesso è un catastrofico giornalistificio, per colpa e con la complicità del quale il numero dei giornalisti (formalmente tali, almeno) è letteralmente esploso nell’ultimo quindicennio, sarebbe come avvelenare un moribondo.
Prove di eutanasia professionale? Suicidio rituale? Macchè. Miopia, casomai. O ottusa ricerca di fare “massa critica”. Una massa critica che, nel fantomatico momento di scoprire le carte, si rivelerebbe tuttavia inconsistente, fatta in gran parte di colleghi virtuali, senza arte né parte, senza professionalità, senza reddito, senza lavoro e senza speranze di trovarne. Giornalisti “per tesserino” appunto. Quelli dai quali siamo circondati e con i quali stiamo affondando tutti.
Benissimo, quindi, introdurre il “foglio rosa” per gli aspiranti giornalisti. Purchè sia uno dei molti passi da intraprendere contemporaneamente a difesa della professione. A condizione, cioè, che l’Odg (e gli ordini regionali che, col loro lassismo, sono tra i principali responsabili della nascita del suddetto giornalistificio) avvii una rigorosa politica di ripristino delle regole di accesso e di permanenza nella professione stessa: riportando da un lato al livello dovuto, quello suggerito dalla legge per la parte legale e dall’onestà intellettuale per la parte discrezionale, i requisiti minimi effettivi per l’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti (quantità e qualità del pubblicato, continuità dell’attività svolta, congruità dei pagamenti, certificazione dei direttori, reale acquisizione della capacità professionale) e procedendo dall’altro, e con altrettanto rigore, alla revisione degli elenchi, in modo da depurarli da chi, per una qualsiasi ragione, ha cessato l’attività giornalistica e/o svolge attività diverse o incompatibili.
Solo in questo modo – creando sia le premesse per un regolare percorso di approccio alla professione che le condizioni per un regolare accesso e una regolare permanenza nell’albo – si riuscirà (forse!) a tirare fuori la categoria dal pantano nel quale, da sola, si è cacciata.
Insomma: oltre al foglio rosa bisognerebbe mettere un autovelox contro la disinvolta velocità con la quale l’Ordine “crea” nuovi colleghi.
