Un botta e risposta nato per caso su FB con un collega mi dà l’opportunità di rispondergli sul perchè i “non contrattualizzati” non abbiano mai impugnato armi improprie contro il loro sedicente sindacato. Roba utile in vista della “Carta di Firenze” di ottobre…

Nel corso di un pacato quanto pubblico scambio di opinioni su Fb con l’amico e collega Stefano Fabbri, a proposito (as usual) delle colpe e delle ragioni del, da me, mai troppo criticato sindacato “unitario” (ipse dixit) dei giornalisti, cioè l’Fnsi, l’interlocutore testualmente mi domanda: “Mi sono sempre chiesto, ad esempio, perchè la Federazione abbia la maggioranza di iscritti non contrattualizzati e poi abbia sempre disatteso quasi impunemente le loro aspettative. Così come mi sono sempre chiesto perchè, nonostante le oggettive difficoltà, i non contrattualizzati non siano andati “con il forcone” a, diciamo, pungolare chi doveva occuparsene”.
L’interrogativo è legittimissimo.
E siccome è anche di interesse generale e cade a fagiolo, ora che siamo alle porte della due giorni della “Carta di Firenze” del 7 e 8 ottobre prossimi, credo sia opportuno offrire a tutti la mia lettura delle cose.
I motivi per i quali la maggioranza di iscritti all’Fnsi appartiene alla categoria dei cosiddetti “non contrattualizzati” (cioè liberi professionisti, pubblicisti, collaboratori, abusivi a vario titolo, pensionati, etc.) è semplice: primo, perché i contrattualizzati sono sempre meno e i non contrattualizzati sempre di più, con una forbice che nell’ultimo decennio si è allargata in progressione geometrica a causa del “giornalistificio” nato dalla sinecura dell’Ordine; secondo, perché la categoria dei non contrattualizzati è appunto residuale, indefinita. E dunque, alla rinfusa, nella vulgata corrente ci si fanno finire dentro tutti, passivamente, dando l’impressione di un corpo unico che invece è polverizzato in mille altre sottocategorie diverse, senza nulla in comune se non il nome di “non contrattualizzati”, appunto.
Il motivo per il quale l’Fnsi abbia sempre disatteso impunemente le loro aspettative è strettamente connesso a questo fattore e altrettanto semplice: l’Fnsi, nata per i contrattualizzati e diretta dai contrattualizzati, non capisce, anzi non ha mai capito quanto variegata fosse la categoria dei non contrattualizzati e, di conseguenza, nemmeno quali mai potessero essere le loro esigenze, esigenze di un corpo estraneo, di una galassia sfuocata nel loro ordinato mondo di garantiti sindacali. In sostanza, l’Fnsi è sempre stata solo il sedicente sindacato virtuale, e mai il sindacato reale, dei non contrattualizzati. Con una miope buona fede che è un’aggravante e non un’attenuante.
Quanto alla questione del mancato sfoderamento del “forcone”, la risposta sta nelle cose esposte sopra.
L’Fnsi non è mai stata il sindacato dei freelance (includendo tra questi i liberi professionisti veri e quelli finti, cioè le partite iva aperte per camuffare assunzioni di fatto), cioè degli unici tra i “non contrattualizzati” ad essere portatori di reali interessi economici e bisognosi di reali tutele sindacali. Da gente pragmatica quali sono, abituata al lavoro vero e non alle fanfaluche del sindacalese, i freelance hanno quindi presto mangiato la foglia e hanno in stragrande maggioranza rinunciato a priori ad associarsi a un sindacato che non li rappresentava. Quale ferroviere, del resto, si iscriverebbe al sindacato dei metalmeccanici?
I pochi, quorum ego, che per anni, finchè si era in tempo, si sono illusi di una resipiscenza federale si sono via via sentiti ridere in faccia e, in sede contrattuale, visti disattendere per tre volte consecutive i pur solenni proclami congressuali sulla tutela del lavoro autonomo.
Finchè alla fine hanno mollato pure loro.
Insomma, di autentici liberi professionisti nell’Fnsi ce ne sono sempre stati pochi (ora quasi punti) e i loro due forconi non hanno mai fatto nè avrebbero fatto paura a nessuno. Anzi, le poche volte che sono stati sfoderati hanno sollevato un più o meno esplicito dileggio.
Esempi? Avrei un’alluvione di aneddoti e di topiche per dimostrare quanto tutti i papaveri dell’Fnsi abbiano sempre avuto (e abbiano tuttora, nonostante la propaganda) le idee confuse ed anzi nessuna idea su cosa fossero, da dove venissero, cosa facessero e cosa servisse ai freelance. E di quanto poco, in definitiva, gliene fregasse. Ecco alcune perle:
1996, M.C. ai freelance furibondi riuniti al Circolo della Stampa di Milano: “Il vostro problema è non avere un contratto” (di grazia, a chi spettava, se non al sindacato, procurarcene uno, o meglio includere il lavoro autonomo all’interno del ccnl?).
1998, P.R.: “Voi freelance siete disoccupati cronici, il vostro futuro è nei service” (no comment).
2000, P.S.L: “E’ un problema gravissimo, lo affronteremo entro la fine del mandato” (infatti si è visto).
E’ il 2011, quasi tutti quelli che c’erano allora sono professionalmente morti, strangolati dalla solitudine sindacale. Sono rimasto io e qualche altro polemista professionale. Il forcone l’ho a portata di mano. Ma in quattro gatti si va poco lontano. Era meglio fondare per tempo un sindacato dedicato, ma ormai è tardi anche per quello.
Nota finale per prevenire quelle che già sento essere le eccezioni dei colleghi precari: “Perchè non parli di noi”?
Non ne parlo in questa sede perchè voi, con tutti i vostri problemi che certo non sottovaluto, un contratto ce l’avete. Siete tecnicamente dei “contrattualizzati“, sebbene a termine. Quindi figure diverse dai liberi professionisti. Con in quali avete poco o nulla in comune. Tranne il fatto di essere relegati con noi, dai cervelloni federali, in quella variegata metà del cielo dei soggetti (secondo loro) ibridi.
Pensate come siamo messi…
Se ci penso, mi torna voglia di allungare la mano e afferrare il….