Stefano Fabbri, collega fiorentino dell’Ansa, era andato a Bergamo convinto che la nouvelle vague del superamento degli steccati e delle correnti, inaugurata all’Assostampa toscana, potesse fungere da nuovo modello di relazione all’interno del sindacato dei giornalisti. Ne è uscito trombato e deluso. Questa è la sua cronistoria.

Di STEFANO FABBRI.
DIARIO DA BERGAMO: ECCO COME SONO STATO TROMBATO AL CONGRESSO FNSI
Per chi ha un po’ di pazienza e curiosita’ sul retrobottega del sindacato dei giornalisti

Poiche’ alcuni mi chiedono della mia “trombatura” nelle elezioni per il Consiglio nazionale della Fnsi, invece di spiegarlo al telefono lo faccio qui. Ovviamente sui contenuti del Congresso mi riservo di dedicare una nota a parte, anche se rischia di essere molto, molto piu’ breve per assenza oggettiva di materia prima.

Allora, e’ andata cosi’. I diari si cominciano dal primo giorno, ma intanto vi dico invece come e’ finita con tre brevi ‘morali’ la cui spiegazione trovate nelle righe che seguono:

a) se i giornalisti italiani sapessero e vedessero cosa accade nei retrobottega (ma in fondo anche nelle vetrine) delle loro assise sindacali nazionali, rincorrerebbero con il forcone tutti coloro che vi partecipano. Lo dico senza fare la vergine dal candido manto, visto che sono al mio terzo congresso della Fnsi, e senza pensare alla (triste?) sorte di trombato che la (triste, senza punto interrogativo) Bergamo mi ha riservato.

b) In un contesto simile pretendere il rispetto di accordi, anche quelli meno ignobili, e’ condizione sufficiente per essere ricoverati d’urgenza alla neurodeliri per un trattamento sanitario obbligatorio.

c) Ai vertici sindacali nazionali della Fnsi non importa un fico secco di quello che accade in cio’ che una volta si chiamava base: l’importante e’ che paghino le quote, obbediscano e non si mettano di traverso.

11 GENNAIO – Si parte in treno per Bergamo. Il clima, non solo meteo, e’ buono. I delegati toscani eletti nelle due liste ‘Giornalisti Insieme’ (la mia, non senso che e’ di mia proprieta’, ma quella in cui sono stato eletto) e ‘Nuova Professione’ che prima si chiamava ‘Giornalisti Uniti’, formata dai nostri competitori storici, sembriamo partecipanti (attempati) ad una gita scolastica. ‘Insieme’ e ‘Uniti’: poi in realta’ siamo stati a lungo divisi da visioni spesso opposte su tante scelte sindacali, nei congressi, alle elezioni, insomma su tutto. Da qualche mese si respira pero’ aria nuova e nell’Associazione stampa toscana c’e’ intesa e quella che in gergo si chiama ‘gestione unitaria’. La differenza si sente e fa bene. A noi, ma soprattutto ai colleghi. In viaggio si mette a punto una strategia (che poi risultera’ in buona parte fallimentare) per proiettare questa nuova situazione nel contrastato scenario sindacale nazionale, dominato dagli scontri tra correnti, tradimenti, veleni e rese dei conti. Anche per i profani l’idea e’ semplice: si dice ai capi delle correnti di maggioranza del sindacato nazionale (alla quale fanno riferimento i colleghi di Nuova Professione e non noi): ‘guardate, in Toscana, che per voi e’ da anni una spina nel fianco, ora andiamo d’accordo. Ma perche’ questo possa continuare dovete aiutarci e consentire che anche a livello nazionale noi toscani possiamo avere una consistente voce in capitolo e averla in modo paritario e unitario, anche perche’ siamo due componenti che tutte le volte che votiamo siamo sempre li’ li’: loro in leggera maggioranza, noi in ampia minoranza. Una situazione che ha spesso rischiato di paralizzarci e che ora, con buona volonta’ di tutti, rispettando differenze e identita’, si e’ sbloccata. Quindi (minaccia terribile, pensiamo, per la Fnsi!!!) se non volete che torniamo indietro dateci cio’ che chiediamo. A brigante, brigante e mezzo! Tutti su questo siamo d’accordo e penso che lo siamo ancora.

12 GENNAIO – Cominciano le Grandi Manovre: i caporioni della Fnsi vengono contattati dai nostri amici di Nuova Professione, che fanno riferimento alle componenti di maggioranza, ed i risultati sembrano arrivare. C’e’ interesse al ‘laboratorio’ toscano che i nostri delegati che si avvicendano al microfono raccontano: lo Statuto nuovo, i servizi in funzione e quelli che vengono progettati, le tante vertenze aperte, le redazioni in stato di crisi e la necessita’ di riportare il contratto nazionale al centro del lavoro, gli uffici stampa, i precari e il lavoro autonomo, il giornalismo digitale, il tentativo di avvicinare tanti giovani colleghi al sindacato a cominciare dalla proposta di quote ridotte per chi e’ senza lavoro. E c’e’ interesse anche per la nostra proposta. Ci viene fatto sapere che e’ ok: mentre la nostra delegazione esprimera’ autonomamente tre consiglieri nazionali, nel ‘listone’ che sara’ votato nel congresso avremo due posti tra i candidati, uno dei quali e’ il mio e che in qualche modo viene considerato prioritario, cioe’ quasi sicuro. Non tanto perche’ sono io: ci mancherebbe. Ma perche’ ai congressi ho sempre portato le ragioni dell’opposizione, di chi non e’ stato d’accordo con le linee di Serventi Longhi, Siddi, Natale. E una mia elezione nel listone di maggioranza rappresenterebbe il suggello, la ratifica che l’esperienza toscana puo’ costituire anche un modello e significherebbe che non e’ poi cosi’ necessario fare l’esame del sangue al tuo vicino per capire se puoi fare un tratto di strada con lui, visto che l’unita’ si fa con chi e’ diverso e non uguale a te. Sento su di me il peso di questa responsabilita’, ma cerco di affrontarlo con freddezza e tranquillita’. Certo, per me mica e’ facile: nei congressi precedenti ho sempre brandito la sciabola contro la dirigenza della Fnsi, questa volta devo far vedere che ho la mano sull’elsa, pronto a sfoderarla, ma evitando di provocare per il solo gusto di farlo, di fornire appigli a chi tra i capobastone dei vertici della federazione non vede di buon occhio questa operazione.

13 GENNAIO – Ora tocca a noi, cioe’ a chi ha sempre fatto parte dell’opposizione, spiegare ai nostri amici di Roma, Milano, Napoli etc cosa intendiamo fare. Partecipo io ad una riunione con loro che stanno cercando di preparare una lista e spiego loro con lealta’ cosa stiamo facendo e che, prima di ogni appartenenza di schieramento, vogliamo privilegiare il lavoro che facciamo in Toscana, anche rischiando, e il patto di gestione unitaria che ci lega ai nostri colleghi di Giornalisti Uniti. Per due congressi di fila insieme agli altri gruppi di opposizione abbiamo sempre portato a casa un consigliere nazionale eletto nel listone. Cinzia, Silvana, Maria Grazia, Paola, Corrado e tutti i colleghi dell’opposizione capiscono e, altrettanto lealmente, ci danno il loro in bocca-al-lupo. Mi sento piu’ tranquillo e, soprattutto, respiro un’aria tersa e pulita, come quella che si inala tra persone legate da affetto, ma anche da pragmatismo, dove l’importante e’ chi sei e non solo cosa fai, dove non c’e’ un clima da politburo. Forse e’ perche’ la maggior parte di questi colleghi e amici lavora nelle redazioni o lavorava fino a poche settimane fa prima di andare in pensione. Sa cos’e’ il lavoro, cosa sono i giornalisti ed i loro problemi. Poco dopo uno di loro mi dice che hanno problemi a raccogliere le firme per presentare una lista, che non e’ la nostra, e se possiamo dare una mano. Ne parlo con i toscani e conveniamo che, proprio nella logica di superare i dispettucci tra schieramenti, faremo in modo di fare avere ai nostri amici due firme: una di un collega di Nuova Professione, una di un collega di Giornalisti Insieme. Cosi’ nessuno potra’ dire che tra noi c’e’ chi fa il doppio gioco. E in fondo si tratta solo di consentire la presentazione di una lista, cioe’ di garantire la democrazia, non di votarla. Soprattutto scopriremo dopo che un alto dirigente della Fnsi dello schieramento opposto a quello dei nostri amici di Roma, Milano e Napoli, ha fatto il modo che una lista di opposizione trovasse le tre firme necessarie a raggiungere il numero richiesto. La sera andiamo a cena quasi tutti insieme noi toscani. C’e’ molta euforia.

14 GENNAIOCi confermano dall’Olimpo della Fnsi che tutto e’ ok. Certo, la lista e’ di 30 nomi e solo 22-23 ce la faranno. Ma il mio nome, proprio per il valore dell’operazione, e’ sui “santini” – cioe’ sui bigliettini delle preferenze da dare – di due dei piu’ importanti gruppi di maggioranza. E, soprattutto, dicono dall’Olimpo, “vogliamo che tu ce la faccia”. Ci guardiamo l’un l’altro: hanno capito. Ma poiche’ fidarsi e’ bene ma essere previdenti e’ meglio, lavoriamo molto sui contatti che ognuno di noi ha: colleghi della stessa testata presenti al congresso, amici di vecchia data, addirittura accordi con altre delegazioni: noi votiamo i vostri, voi i nostri. Gava e’ un ragazzo! Una cosa che scopro e’ di avere un sacco di padri, madri e zie dell’operazione. Tanti, di tutte le componenti di maggioranza, mi fermano o fermano i colleghi toscani per dire che sono stati loro a garantire che il mio nome fosse se non blindato, quasi. Mi assicurano ‘pacchetti’ di voti. Forse si aspettano che li ringrazi e io cerco di farlo, ma evidentemente con poca convizione. Faccio un rapido calcolo e se fossero veri tutti i voti assicurati verbalmente ne avrei presi il doppio del numero dei congressisti presenti. E questo comincia a preoccuparmi. E’ come fare gli auguri il giorno prima del compleanno. Porta male. Anche noi toscani riceviamo il nostro bravo ‘santino’ con i nomi da votare, insieme alla raccomandazione di non fare i ‘furbetti del bigliettino’, cioe’ di votare solo i nostri. Obbediamo perche’ un patto e’ un patto. Cosi’ segno sulla mia scheda elettorale anche il nome del collega da 200.000 euro l’anno che lamenta la perdita di visibilita’ e quello del dirigente della Federazione che replicando ad un nostro intervento ha insolentito con scherno uno dei colleghi piu’ valorosi della delegazione. Pazienza. Poco dopo votiamo la mozione di maggioranza che sostiene la lista in cui siamo presenti. Avremmo potuto uscire dalla sala o astenerci. Invece, in segno di buona volonta’, votiamo una mozione i cui contenuti sono tutt’altro che convincenti. Siddi lo vede e ci abbraccia. E’ un segnale. Ma quale? Un ok o qualcosa di simile al modo in cui si indica quello da fottere?

15 GENNAIO – Nella notte si vota al seggio allestito al congresso. Mentre cerchiamo altri voti noto un biglietto per terra, a pochi metri dalle cabine elettorali. E’ un ‘santino’ dove il mio nome non c’e’. E’ normale, penso, poiche’ – e accade a tutti i congressi per tutte le liste – i ‘ragionieri’ delle varie componenti organizzano cosi’ le indicazioni elettorali: voi votate questo gruppo di nomi, voi questi altri. Ci dobbiamo comunque fidare. Non c’e’ scelta. Attorno alle quattro del mattino escono i risultati di uno spoglio seguito scheda per scheda: su 30 candidati sono penultimo per numero di preferenze, tagliato fuori anche dal possibile ma improbabile gioco delle rinunce e dei primi dei non eletti. Almeno ce l’ha fatta uno di noi, anche se e’ della componente dei nostri partner, ma sempre toscano e’. Ed e’ un bravissimo collega. Ma la cosa non e’ consolante della beffa che si e’ consumata alle nostre spalle, prima di tutto e paradossalmente alle spalle dei colleghi di Nuova Professionei. Sono loro che hanno fatto da tramite con l’Olimpo della Fnsi e hanno facce da funerale sulle quali si legge, oltre al sincero dispiacere personale per me, anche uno sconsolante verdetto: ci hanno preso in giro. E in giro si prendono quelli con i quali ci si puo’ permettere di farlo. Cerco io di consolare loro. Anche perche’ sopra le loro teste si e’ consumata una lotta fratricida nella stessa maggioranza nazionale alla quale fanno riferimento: ‘Siddiani’ e coordinamento delle piccole associazioni regionali di stampa, il cosidetto Capss – mi spiega qualcuno – hanno stecchito alcuni pezzi da novanta di altre componenti, tra cui lo stesso alto dirigente che ci ha attaccati e che ora, come me lasciato fuori dal Consiglio nazionale, e’ in lacrime. Dormo tre ore e riparto per Firenze. Sono raggiunto da tante telefonate: colleghi toscani che mi commuovono per il loro affetto, colleghi dell’opposizione che con sincerita’ mi dicono che ci avevano creduto. Intorno c’e’ la famosa Nebbia Lombarda. Forse c’era anche prima, nelle sale che ospitavano il congresso, e non ce ne eravamo resi conto.