Durerà fino al 20/11: 30 convegni, 10 mostre, 150 eventi. Il culmine da venerdì a domenica, con il Forum Internazionale sul tema “Valorizzazione è reinterpretazione” e la presentazione dello studio strategico “L’Economia dei Beni Culturali e Ambientali: una Visione Sistemica e Integrata” dell’European House-Ambrosetti. Parterre d’eccezione e una selva di appuntamenti tanto fitta che rischia di soffocare le possibilità di partecipazione. Sullo sfondo di qualche proposito che merita di essere approfondito.
Me l’ero chiesto giorni fa (qui) a proposito di enogastronomia, in occasione dell’apertura della Biennale Enogastronomica Fiorentina. E torno a chiedermelo oggi, alla vigilia dell’inaugurazione di Florens 2010, la Settimana Internazionale dei Beni Culturali e Ambientali in programma a Firenze da domani fino al 20 novembre: a cosa (e a chi) servono, realmente, queste kermesse?
Non è una domanda polemica, è solo una domanda.
In apparenza la risposta è implicita: servono a creare cultura, a sensibilizzare le persone, a far crescere l’interesse della gente sulle specifiche tematiche.
Forse è vero. Ma quanto in profondità riesce davvero a giungere il messaggio? Quanto, nel pubblico (quello poco più che generalista, che è il target principale e necessario di queste manifestazioni, comunque bisognose di “numeri” per giustificarsi e pagarsi), resta della sapienza e delle esperienze sciorinate nel corso delle decine di incontri di cui di solito sono infarciti i programmi? Detto in altre parole, fino a che punto le iniziative sono approfondimento e quanto invece si riducono al semplice intrattenimento e alle sue (peraltro più che legittime) ricadute commerciali, istituzionali e politiche? Insomma al consumo e a un effimero “effetto vetrina”?
Prendiamo appunto Florens 2010, superkermesse ideata da Giovanni Gentile, Presidente di Confindustria Firenze, e da un Comitato Promotore composto da Intesa Sanpaolo, Banca Cassa di Risparmio di Firenze, Confindustria Firenze, Confederazione Nazionale Artigianato Piccola e Media Impresa Firenze (CNA Firenze). La direzione artistica della prima edizione è a cura di Davide Rampello.
Il programma (qui) è da leccarsi i baffi: sono previsti 30 convegni, 10 mostre, 150 eventi. Il culmine sarà, da 18 al 20/11, il Forum Internazionale (qui), organizzato in collaborazione con The European House – Ambrosetti, sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e il patrocinio di Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero degli Affari Esteri, Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Regione Toscana, Provincia di Firenze, Comune di Firenze e Unesco. E il parterre è di altissimo livello: Jean Paul Fitoussi, Presidente dell’Observatoire Français des Conjonctures Économiques; Patrick Blanc, ideatore dei giardini verticali; Marc Olivier Wahler, Direttore del Museo di Arte Contemporanea Palais de Tokyo di Parigi; Laurent Fabius, già Primo Ministro francese, Presidente del Rouen District Council; Jeffrey H. Patchen, Presidente e Amministratore Delegato del Museo dei Bambini di Indianapolis; Glenn Adamson, Vice Direttore della Ricerca del Victoria and Albert Museum; Terry Garcia, Vice Presidente Esecutivo, National Geographic Society; Philippe de Montebello, Direttore Emerito del Metropolitan Museum di New York; Wafaa el Saddik, Direttrice del Museo Egizio del Cairo; Michael Govan, Direttore, Los Angeles County Museum of Art; Charles Leadbeater, esperto di innovazione e scrittore; Peter Reed, Senior Deputy Director for Curatorial Affairs del MoMA di New York; Zahi Hawass, Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità Egizie; Edward Dolman, Amministratore Delegato di Christie’s.
“L’iniziativa – si legge nel comunicato stampa di lancio – mira a promuovere il patrimonio culturale e ambientale quale volano di sviluppo economico e sociale, proponendo un modello innovativo di golden economy, per la valorizzazione industriale del giacimento di beni culturali e ambientali. Firenze e la Toscana rappresentano la sede ideale per la nascita di un laboratorio globale di arte, cultura ed economia, esportabile a livello internazionale e capace di formulare azioni concrete in chiave innovativa. ‘La valorizzazione è reinterpretazione’, questo il tema guida della manifestazione, che vuole indurre ad una riflessione sulle ragioni e necessità del cambiamento, non solo nell’ambito culturale, ma anche presso i sistemi di produzione e le istituzioni, a favore del miglioramento della qualità della vita, dell’aumento della competitività intellettuale ed imprenditoriale. Partendo da questo concetto la manifestazione proporrà workshop, mostre, lectio(nes), dialoghi, convegni, percorsi e riflessioni scientifico-culturali rivolti sia ad un pubblico di addetti ai lavori e studiosi, sia a studenti, famiglie e turisti, il programma offre infatti proposte per tutti i target di pubblico”.
Appunto. Ci auguriamo che ce la facciano, naturalmente, ma ci pare parecchio difficile riuscire a conciliare le esigenze di approfondimento degli addetti ai lavori (o in genere degli uomini di cultura) con quelle di intrattenimento di “famiglie e turisti”. Il rischio è, speriamo che nessuno si offenda, di una (pur elegante) sagra paludata da appuntamento intellettuale, tutta scena e frusciar di pagine, e poca sostanza. Sostanza in termini di ricaduta, non certo di contenuti, sia chiaro.
Anche perché almeno la metà dei temi sui quali saranno incentrati dibattiti ed incontri (importante: tutti gli eventi sono a ingresso libero, sebbene sia consigliato prenotarsi) sono di tale interesse che basterebbero da soli a giustificare l’iniziativa. Ma allora non c’è il rischio dell’ingorgo e delle occasioni perdute?
Una risposta ve la daremo a cose fatte. Perché noi a Florens 2010 ci andremo di sicuro.
Anche per cercare di comprendere fino in fondo se, nella proporzione tra patrimonio culturale, sviluppo economico e valorizzazione industriale evocati nella mission della manifestazione, vi sia un medio proporzionale e quale esso sia. O se invece il motto ”valorizzazione è reinterpretazione” debba essere letto in chiavi più inquietanti. Come ad esempio il progetto di uno scatto in avanti in termini di globalizzazione dell’industria culturale. Più o meno quello che è già avvenuto coll’agroalimentare. E così si torna alle convergenze e alla domanda iniziale: cui prodest?