Discettano di lavoro autonomo e lo confondono con il precariato. Dovrebbero occuparsi di freelance e evocano contratti a tempo indeterminato. Invocano e rivendicano assunzioni di chi, per scelta professionale, ha deciso che NON VUOLE essere assunto. Questi gli argomenti partoriti dall’organismo sindacale creato ad hoc dalla Federazione Nazionale della Stampa per supportare l’esecutivo nella gestione del nodo libero professionale. Roba da rimanere sbalorditi.
Non ci posso credere. No, davvero, non ci posso credere. E poi dicono che ce l’ho con l’Fnsi. Lo credo bene.
Ma si può? Dico: ma si può?
In breve: ieri a Roma era convocata in Federazione la riunione della Commissione nazionale per il lavoro autonomo, un organismo voluto (con appena alcuni decenni di ritardo) dal sindacato per affrontare il nodo di quel cadavere ambulante che è ormai la libera professione giornalistica. La Commissione è un sinedrio abbastanza pletorico, presieduto (tra parecchie e giuste contestazioni) non da un freelance, come sarebbe naturale, bensì dal vicesegretario nazionale Daniela Stigliano. Mah…
Ma lasciamo perdere i dettagli. Ero stato invitato anch’io come delegato dell’Assostampa toscana, sebbene da due anni non paghi la quota e mi sia dichiarato più volte “fuori” dall’Fnsi proprio perchè in totale disaccordo sulla politica federale (anzi, sull’assenza di una politica federale) in materia di freelance. Mi fu tuttavia chiesto con insistenza, mesi fa, di accettare la nomina (mai accettata) visto che, all’apposita riunione fiorentina eravamo solo una decina di persone, di cui appena tre o quattro liberi professionisti e in sostanza mancava il materiale umano. Vabbè…
Insomma, ieri a Roma (io ovviamente non ci vado) si riunisce per tutto il giorno la Commissione, che alle 16.49 diffonde l’immancabile “documento finale”. In cui, sorpresa! (sorpresa?), tra fiumi di sindacalese, il “pensatoio” dedicato alla libera professione si esibisce confondendo perfino termini e ruoli, scambiando i precari per i freelance, invertendi i fattori della questione.
Roba da non credere.
Lo pubblico così com’è, limitandomi a evidenziare e a chiosare in neretto i passaggi più surreali.
Ragazzi, lo sapevamo già, ma toccarlo con mano ogni volta è comunque doloroso: non siamo fritti, ma già mangiati, digeriti ed “espulsi”.
Insomma, siamo nella m…a.
Buon divertimento.
Federazione Nazionale del la Stampa Italiana
DOCUMENTO DELL’ASSEMBLEA NAZIONALE DEI LAVORATORI AUTONOMI DELLA FNSI
Paola Caruso (precaria, non lavoratrice autonoma) ha interrotto lo sciopero della fame: ha incontrato il direttore Ferruccio de Bortoli ed è tornata a lavorare per il suo giornale, il Corriere della Sera, con cui collabora da sette anni. La sua protesta estrema, portata avanti con determinazione per cinque giorni, non ha però esaurito il suo effetto dirompente. Ha infatti portato sotto i riflettori anche del grande pubblico una situazione da tempo non più sostenibile: le drammatiche condizioni di lavoro dei freelance (!?!: vedi sopra), costretti spesso a una condizione di “precari a vita”. Una situazione al centro (al centro? Questa poi…) della battaglia sindacale della Fnsi, che continuerà con iniziative collettive e nel corso delle indagini parlamentari avviate sulle condizioni del lavoro autonomo nell’editoria.
Oramai oltre la metà dei giornalisti italiani, 24 mila a fronte di 20 mila contrattualizzati, non ha un contratto a tempo indeterminato (i freelance definibili tali NON aspirano a contratti, altrimenti non avrebbero scelto di fare i freelance) e guadagna in media nemmeno 10 mila euro lordi l’anno. Colleghe e colleghi che contribuiscono ogni giorno alla realizzazione dell’informazione su giornali, radio, tv, agenzie e siti internet italiani, con pochi o nessun diritto, quasi sempre sottopagati, costretti a una precarietà senza uscita.
Oggi bisogna tornare a parlare di qualità dell’informazione. Che significa ridare valore e dignità al lavoro giornalistico, a partire proprio da quello dei freelance. Puntando sul merito, sulle competenze e sulle capacità, che hanno un costo e devono contare su diritti certi e prospettive chiare. Dentro o fuori dalle redazioni.
Il precariato (aridaje: il precariato NON E’ lavoro autonomo) si può combattere estendendo il più possibile le assunzioni a tempo indeterminato (i freelance NON VOGLIONO essere assunti, nè a termine nè a tempo indeterminato) e normando la flessibilità in modo tale da garantire dignità al lavoro e al lavoratore, come già si richiede con forza in altri ambiti professionali non meno strategici: l’università, la scuola, la ricerca.
A questo principio generale non sfugge il nostro mondo, che oltre a dover difendere la qualità del lavoro ha la responsabilità di garantire ai cittadini la qualità dell’informazione.
I giornalisti freelance non chiedono necessariamente il posto fisso (freelance…posto fisso…questi vaneggiano), ma pretendono dignità per il proprio lavoro. Attraverso un aumento significativo dei compensi, tutele per la malattia e la maternità, rimborsi spese, riconoscimento dell’impegno di chi collabora da anni con una testata con un contratto che garantisca un importo fisso mensile (cioè l’antitesi della libera professione) per un minimo di articoli e non più il pagamento a cottimo. Garanzie di continuità e di stabilità.
Rivendicazioni che accomunano i precari (proprio non gli si schioda dalla testa l’equazione freelance/precari) dell’informazione a quelli di tutte le altre categorie: su questo deve aprirsi una discussione a tutti i livelli, nella professione, nel sindacato, nelle istituzioni
e nella società civile.
Roma, 19 novembre 2010
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