Ultime dal dorato mondo della f(reg)attura elettronica.
Scopro infatti che, per garantire una ragionevole linearità contabile e una parvenza d’agio della comunità dei sudditi tutta, qualcuno – indovinate chi – ha creato pure le digifatture “in transito”.
Nulla a che fare però, tranne gli stimoli che sollecitano, con quello intestinale.
Il commercialista (cioè colui che sono costretto a pagare per capirci qualcosa ma del quale, grazie alla fatturazione elettronica, secondo i geni del fisco italiano si sarebbe invece potuto d’ora in poi fare a meno) mi spiega che la nuova figura interessa il periodo di transizione tra il momento del pagamento e il ricevimento del documento contabile finale.
Traduzione (basata su un caso personale): se per un acquisto fatto il 3/1 oggi 31/1 non ho ancora traccia di fattura elettronica, il consulente, depositario delle segrete chiavi dei digicassetti fiscali, può vedere se la stessa è “in itinere“, cioè in transito. Da qui il nome.
Una sorta di gestazione digitale. O di limbo. Un caffè sospeso, né carne e né pesce. Insomma è il nascondino dell’Agenzia delle entrate.
Che a voi serva subito il documento buono è irrilevante. Intanto armatevi di pazienza e accontentatevi di quelli che dantescamente sono tra color che son sospesi.
Fantastico, eh? Come coi corrieri, ora puoi “tracciare” pure le fatture elettroniche.
Le quali, infatti, un “pacco” senza dubbio sono.