L’Italia è piena di sedicenti giornalisti che, sotto gli occhi di tutti, ostentano (anche per iscritto) il loro abuso di titolo professionale. A chi spetta denunciarli? E perchè quasi nessuno lo fa?

 

Come ebbi già a dire qui, l’Italia è piena di falsi giornalisti.

Ce ne sono di tre tipi: quelli che vengono trattati come giornalisti senza che lo siano, quelli che lo lasciano credere o si fanno chiamare tali senza affermarlo apertamente e quelli, infine, che lo scrivono sul biglietto da visita, i curriculum e addirittura sui social. Io stesso ne conosco una buona decina e forse di più.

Mentre contro i primi e i secondi c’è formalmente poco da fare, contro i terzi si potrebbe invece facilmente parlare di abuso di titolo professionale e agire di conseguenza. Trattandosi di un reato, inoltre, chiunque potrebbe denunciarlo ma è ovvio che l’interesse maggiore l’avrebbero i giornalisti veri e l’Odg, che li rappresenta.

L’Ordine, che lo predica da sempre, da qualche tempo pare in effetti perseguire con maggiore insistenza (o forse solo dare più pubblicità alle proprie azioni) questo tipo di illecito, ma ovviamente ciò non basta a arginare il fenomeno, che è capillare, omertosissimo e difficile da stanare senza esposti circostanziati.

Spetterebbe infatti a chi è quotidianamente sul campo della professione, appunto i giornalisti, denunciare gli abusi che ogni giorno, in ogni contesto e in ogni conferenza stampa emergono con chiarezza.

Perchè non lo fanno, anzi non lo facciamo?

Innanzitutto, credo, perchè la delazione è un gesto abbastanza ripugnante. Fare la spia ti fa sentire sleale, viscido, sporco. Anche se quasi mai uno che denuncia si chiede quanto dovrebbe sentirsi sleale, viscido e sporco rispetto a lui chi, consapevolmente, abusa del tuo titolo, sbattendoti pure in faccia la sua impunità.

La seconda e meno nobile ragione è il diffuso menefreghismo che aleggia nella categoria: finchè le millanterie del millantatore non nuocciono al mio orticello, penso a me e fingo di non vedere. Molto tipico.

La terza ragione è l’inconsapevolezza: sono pochi i giornalisti che hanno piena coscienza del proprio ruolo professionale nella società e che capiscono quindi quanto dannoso, ingiusto e pericoloso sia, per tutti (lettore compreso), lasciare a chiunque, in tema di informazione, “libertà di titolo“.

C’è infine una quarta e più sottaciuta ragione, che però va sottolineata: una certa codardia. Cioè il timore di dover rendere conto al denunciato per aver, appunto, denunciato l’abuso di cui egli si macchia. Lo so, detto così fa ridere, ma nei fatti è questa la motivazione serissima e frequentissima di tante omissioni.

Alla base di tutti i motivi esposti, sta una convinzione latente, diffusa e, ahinoi, condivisa da vittime e rei: cioè che poi non sia tanto grave abusare di un titolo professionale. Un abbaglio autolesionistico e clamoroso da cui occorre riaversi alla svelta.