Si apre con oggi, e proseguirà ogni lunedì, la galleria instabile delle mie “opere grafiche”, in arte i disegnini al tratto che dissemino qua e là nei luoghi più disparati. La cosa divertente sono le interpretazioni che ne danno gli altri. Enjoy!
Cedo alle molte insistenze di amici e conoscenti dando una maggiore visibilità ai disegnini che ho accumulato nel tempo e disseminato per anni in uffici, bar, ristoranti, case, sale d’attesa e nei luoghi più disparati. Sempre regalati o abbandonati sul posto, si capisce. Sono tutti diversi, tutti fatti a mano ovviamente o tutti al tratto, con strumenti e materiali secondo disponibilità occasionale: lapis, penna, pennarello, carta, cartoncino, carta velina, sottopiatti, tovaglie, giornali, agente, foglietti, appunti, documenti.
Non hanno uno sviluppo nè un’evoluzione di stile lineari: variano secondo l’estro del momento e ciò che è disponibile. L’unica prassi ricorrente è che il singolo tratto deve avere la massima lunghezza possibile, la massima armonia, cominciare da un punto e finire in un altro, dal quale prende forma una nuova immagine, figurativa o astratta.
Non c’è un verso, perchè la superficie ruota mentre ci disegno sopra, e nessun disegno è mai totalmente compiuto se non fino a quando il mio occhio non dice basta o fino a quando non esiste più un millimetro di carta libera da riempire. Come detto sopra, l’unità di misura è l’armonia che in un certo momento mi pare di cogliere nell’insieme e mi induce a fermarmi.
Di questi disegni esistono alcuni (per me inspiegabili) collezionisti. Non è mancato chi mi ha proposto di esporli, di venderli e perfino di usarli per fare etichette, copertine, marchi, tappezzerie.
Boh, io ne ho i cassetti che traboccano.
A pensarci bene, se mi metto a cercare un fattore ispirativo comune tra i tanti elementi che compaiono in queste “opere”, questo è la ricerca della continuità. Cioè il tentativo di fare in modo che una figura nasca sempre da un’altra o da parte di un’altra.
Non so se vi basti, come spiegazione.
Comunque siete autorizzati a ridere.
E in ogni caso, tranquilli: i disegni non riflettono i miei incubi. Quello che vedo quando dormo è molto peggio!